Chernobyl, la nube del terrore
Trent’anni dopo restano i controlli

All’una e ventitrè del 26 aprile 1986 l’esplosione alla centrale nucleare

Gli effetti di quel disastro coinvolsero anche il Comasco

Il suo viaggio durò una settimana. Da Chernobyl al Lario, passando - e contaminando - metà Europa. La nube del terrore portò angoscia e aumento della radioattività anche nel Comasco. Trent’anni dopo l’esplosione del reattore della centrale nucleare ucraina i controlli non sono ancora terminati, anche se l’allarme è rientrato da tempo. Eppure, per chi li ha vissuti, quei giorni a cavallo tra la fine di aprile e gli inizi di maggio hanno lasciato ricordi e timori indelebili.

Basta ripercorrere i titoli che La Provincia dedicava all’incidente di Chernobyl per comprendere il perché la paura nucleare ha messo radici profonde alle nostre latitudini.

Trent’anni dopo l’effetto Chernobyl non è ancora finito. L’Asl di Como (o, per meglio dire, l’Ats Insubria) ancora oggi «prevede l’attuazione di una sorveglianza della radioattività ambientale» in seguito all’incidente del 1986. Controlli sul latte, sui funghi, sui pesci del lago e sulle verdure.

Era da poco passata l’una e ventitrè di notte nella sala di controllo della centrale nucleare di Chernobyl, a una quindicina di chilometri dal confine con la Bielorussia, quando durante un test di sicurezza si registrò un improvviso e incontrollato aumento di potenza del reattore numero 4. Questo causò l’incremento della temperature del nocciolo che provocò la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. La reazione chimica innescò un’esplosione così forte da far saltare la copertura del reattore stesso scatenando un incendio.

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