Canton Ticino, porta in faccia agli italiani

Le conseguenze del referendum che è passato con il 58% a tutela della manodopera svizzera. Il voto “contro” i 25mila frontalieri comaschi che mette anche a rischio l’imminente revisione degli accordi fiscali

Brindisi in Ticino, musi lunghi e disappunto nelle province di confine. Ribaltando clamorosamente i pronostici della vigilia, la consultazione anti-frontalieri “Prima i nostri!” targata Udc (con la Lega dei Ticinesi a traino) ha superato lo scoglio delle urne: il 58% dei ticinesi ha messo nero su bianco il fatto che «la manodopera locale deve avere un canale prioritario» nell’affannosa - visti i tempi - ricerca del posto di lavoro. Ma non solo.

Di certo, quello di ieri è un voto contro i nostri lavoratori (25mila i comaschi), contro l’Europa (rea di non aver consentito l’applicazione del referendum del 9 febbraio 2014 “contro l’immigrazione di massa”) e contro i rapporti di buon vicinato, forse definitivamente compromessi.

. Resta il fatto che ora si apre un nuovo fronte nei rapporti Ticino-Italia e Ticino-Berna. Le competenze in materia di lavoro spettano proprio a Berna, che nel cassetto ha dal 9 febbraio 2014 il faldone del referendum “contro l’immigrazione di massa”. Dunque, di fatto il voto di ieri ha sicuramente un valore politico rilevante, ma non ha possibilità dirette di applicazioni pratiche.

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