Morire a Milano tra brutti silenzi e connivenze


Morire a Milano senza un perché, picchiato a morte per aver investito in un banale incidente un cagnolino, la rabbia incontrollata e ingiustificata per la sua ferocia e reazione. Se ci si dispiace per la morte di un cagnolino, sembra non avere la stessa attenzione e umanità la morte di un Cristiano, di una Persona, di un Uomo. Paradosso dei giorni nostri che dimostra quanto la nostra società si sia impoverita nelle relazioni personali. Non si parla più, si tira un cazzotto, una coltellata, si estrae una pistola e si spara. Con lo sguardo innocente della sua età anche mio figlio che di anni ne ha 13 mi chiede, sentendo il tg: «Come è possibile, ma perché lo ha fatto, ma possibile che nessuno sia intervenuto?». E già adesso dicono che nessuno ha visto niente. Mi sono sentito impietrire e dopo un sorso d'acqua ho preso coraggio e abbiamo incominciato a parlare: «Vedi papà non è che il modo è impazzito, è la gente che è matta», identificando in un attimo il nocciolo del problema di questa nostra società. Incredibile che nessuno sia intervenuto ad aiutare quell'uomo, a fermare la ferocia di quel tipo. Che schifo che fa la gente! Poi dicono che nessuno ha visto niente, eppure affacciate alla finestra c'erano molte persone! Quelli lì sono complici di quello che lo ha ammazzato, perché tacciono e non sono nemmeno più uomini! Perché lo hanno ucciso anche loro!

Renato Meroni

Quanto durerà, caro amico, quest'indignazione? Intendo l'indignazione collettiva, non quella di qualche commendevole individualità come il suo figliolo. Durerà poco, come tutte le indignazioni collettive di quest'epoca. Rapide, fulminee, brucianti. Tutto si brucia più velocemente che in passato. Soprattutto si bruciano i valori. Chi se ne frega dei valori? Noiosaggini da zavorrare. O da usare e buttar via subito, nel caso in cui servano a qualcosa. Ogni tanto salta su qualcuno e invoca, forse per stare alla moda, una “road map” della moralità. Segue astrattissimo dibattito. Poi giù il sipario e sù alegher. Avanti come prima, più e peggio di prima, nel segno del vedo e non vedo, del meglio occuparmi dei fatti miei. Dell'ipocrisia, insomma. Nessuno (quasi nessuno) si pone il problema d'un pericoloso confinante dell'ipocrisia: la connivenza. E d'un altrettanto insidioso vicino della connivenza: l'omertà. E del risultato finale dell'una sommata all'altra: la perdita dell'idea di bene comune. Una perdita tuttavia che suscita poche doglianze perché pochi sanno (ancora) che cos'è il bene comune.

Max Lodi

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