Il caso-banche e la crisi "fiduciaria"


In questo periodo si sentono spesso le associazioni degli imprenditori lamentarsi perché "le banche non danno credito alle aziende". Però non ho mai sentito spiegare il motivo per il quale le banche non danno credito alle imprese, cosa che invece fanno con i privati perché concessioni di mutui al 120% per l’acquisto della casa è ancora una realtà (ciò mantiene alto il prezzo del mercato immobiliare, tra l’altro). Perché le banche non fanno credito alle imprese ma lo fanno ai privati? Penso sostanzialmente per due motivi principali:
1) capita che taluni titolari chiedano prestiti per spese che fanno a nome dell’azienda ma con vantaggi e usi personali: automobili, elettrodomestici, informatica, arredamento;
2) capita che quando, dopo aver chiesto e ottenuto un prestito, la ditta non guadagna e il proprietario porta i libri in tribunale, prima tutti i beni dell’imprenditore vengono intestati a terzi (moglie e/o figli in primis) così da risultare proprietario di poco o nulla. La banca, e i creditori, possono riscattare ben poco per rientrare dal credito ma l’imprenditore fallito gode ancora delle cose e dei beni (ora intestati a terzi) comprati con i soldi dell’azienda.
Quelli sopra esposti non sono certo casi che fanno la regola, ma non sono neppure casi isolati o sporadici. Quando c’è un’insolvenza relativa alla rata per la casa acquistata con mutuo dal privato, se il tizio non ce la fa a pagare le rate le banche pignorano e rivendono l’immobile: tutto è molto più "facile". Quindi, per ottenere credito dalle banche, gli imprenditori dovrebbero fare due cose sulla carta molto semplici (come facevano i veri imprenditori di una volta): spendere il prestito per la ditta e non per sé e poi dare solide garanzie di rientro.

Roberto Colombo


Se le banche non si cautelassero, finirebbero d’essere banche e si chiamerebbero istituti di beneficenza. L’ipotesi che lei fa - imprenditori che richiedono finanziamenti in allegria e poi, una volta falliti, restituiscono solo la mestizia - è una realtà non scarsamente diffusa. Ovvio che chi deve prestare denaro stia sull’avviso nel concederlo quando l’esperienza gli ha insegnato che sempre più spesso diventa difficile riprenderselo. Quanto all’etica di chi investe, la disinvoltura che ha portato alla catastrofe finanziaria mondiale ne fa ormai dubitare l’esistenza anche quando non ce ne sarebbe motivo. È questo, anche questo, che blocca il mercato. La crisi economica forse ha davvero innestato la retromarcia, ma la crisi fiduciaria no. E risolvere la seconda sarà più arduo che aver risolto la prima.

Max Lodi

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