Corte Conti Ue contro flessibilità Italia, debito resta

La flessibilità concessa dalla Commissione Ue, di cui l'Italia è la maggior beneficiaria, non si è limitata al periodo di crisi e si è rivelata "eccessiva": è quanto sostiene la Corte dei Conti Ue nel suo rapporto.

BRUXELLES - La flessibilità concessa dalla Commissione Ue, di cui l'Italia è la maggior beneficiaria, non si è limitata al periodo di crisi e si è rivelata "eccessiva": è quanto sostiene la Corte dei Conti Ue nel rapporto che analizza la 'discrezionalità' che Bruxelles ha rivendicato nel giudizio dei conti pubblici, e che molto ha aiutato l'Italia a restare in linea con le regole Ue. Secondo la Corte, servirebbero "norme più rigide per i Paesi fortemente indebitati" perché tutte le concessioni non hanno fatto calare il debito.

 

"Le disposizioni in materia di flessibilità introdotte dalla Commissione non sono limitate al periodo di crisi e nella pratica si sono rivelate eccessive", ha detto Neven Mates, membro della Corte dei conti europea responsabile del rapporto. "Di conseguenza, nel periodo di ripresa ed espansione (2014-2018), i saldi strutturali in diversi Paesi fortemente indebitati hanno deviato rispetto agli obiettivi di medio termine oppure vi si sono avvicinati a un ritmo talmente lento che non garantisce un miglioramento sostanziale prima della prossima contrazione economica", ha aggiunto. In particolare Italia e Spagna preoccupano la Corte: "Hanno registrato un consistente deterioramento del saldo strutturale", sono "lontane dall'obiettivo di medio termine", cioè il pareggio strutturale di bilancio, e "non hanno realizzato progressi nella riduzione del debito, nonostante l'espansione delle rispettive economie". Inoltre, gli esperti spiegano che l'eccessiva discrezionalità mina tutto l'impianto del Patto.

 

La Corte ha rilevato, ad esempio, che i margini concessi per le riforme strutturali non sono collegati ai costi effettivi di tali riforme, ma sono usati dalla Commissione come "strumento incentivante". Un utilizzo che "non è contemplato dal regolamento". Inoltre, alcune spese preventive erano state autorizzate ex ante (come il piano Casa Italia per mettere in sicurezza gli edifici pubblici nel 2017), nonostante ciò fosse in contrasto con il principio sancito nel Vademecum del Patto di Stabilità che le spese debbano essere direttamente connesse all'evento. Per la Corte, le spese di Casa Italia "avrebbero dovuto essere considerate non ammissibili in quanto non direttamente collegate all'effettivo evento". Inoltre, quando Bruxelles nelle raccomandazioni di maggio 2017 dichiarava che avrebbe valutato i conti italiani usando la sua "discrezionalità" e "alla luce della situazione del ciclo", ha "ridotto la credibilità" dei requisiti fissati dalle regole. E quando, sempre nel maggio 2017, ha autorizzato la deviazione, "non ha valutato in modo trasparente se tutte le riforme presentate dal programma nazionale di riforma (Pnr) del 2015 dell'Italia, e per le quali era stata richiesta la flessibilità, fossero state pienamente attuate". Anzi, nella relazione per Paese 2017, alcune riforme sono indicate come "non attuate" (come il disegno di legge del 2015 in materia di concorrenza).

 

Come conseguenza di queste concessioni, in Italia, Francia e Spagna gli aggiustamenti strutturali sono stati notevolmente al di sotto dei requisiti della 'matrice' (ovvero le regole della flessibilità scritte nella comunicazione della Commissione). E "questo ritmo di progressione non faciliterà il conseguimento degli obiettivi in un tempo ragionevole". La Corte quindi chiede alla Commissione di "risolvere il problema delle continue deviazioni dal percorso di aggiustamento richiesto nel corso di più anni", e di "prevedere norme più rigide per gli Stati membri fortemente indebitati". Inoltre, nelle raccomandazioni specifiche per Paese dovrebbe inserire "richieste esplicite, con una spiegazione chiara delle motivazioni e dei rischi in caso di inadempienza".

 

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