Barbaresco, un vero piacere
"Non siamo inferiori a Barolo"

Bisogna uscire dal pregiudizio di considerare il Barbaresco come fratello minore del Barolo, ma apprezzare questo vino per le sue caratteristiche: lo spiega con chiarezza Giancarlo Montaldo, presidente dell'Enoteca regionale del Barbaresco

Non chiamatelo «fratello minore» del Barolo. Perché di minore non ha nulla, se non forse la storia.
Quella del Barbaresco è una realtà viva, che sta uscendo sempre di più dall'ombra che per anni gli ha fatto la vicina zona del Barolo. Si tratta di tre comuni e "mezzo", ovvero Barbaresco, Treiso, Neive e una piccola parte di Alba (la frazione di San Rocco Seno d'Elvio), sulla riva destra del Tanaro. «I tempi sono cambiati - spiega Giancarlo Montaldo, presidente dell'Enoteca regionale di Barbaresco - Il Barbaresco, come vino, non è più il 'fratello minore' del Barolo. Ciascuno ha intrapreso un proprio percorso, anche se ovviamente ci sono dei parallelismi tra i due prodotti. Il Barolo ha sicuramente una storia più lunga, un nome più facile e una produzione, a livello di quantità, superiore. Il Barbaresco ha guadagnato una propria identità soprattutto negli ultimi 30 anni».
Una realtà composta da 180 produttori sui 686 ettari di territorio vitato, per 4,2 milioni di bottiglie prodotte. Circa 140 aziende hanno sede proprio nel territorio del Barbaresco, le rimanenti invece sono di fuori zona. «È vero - conferma Montaldo - che fino agli anni '70, in molti casi, c'era l'atteggiamento di alcuni produttori di "scimmiottare" il Barolo. Pensavano che il Barbaresco potesse essere solo un'alternativa al più blasonato Barolo. Ma poi è cambiata la mentalità, per fortuna». Così Barbaresco ha preso una propria identità precisa. «Siamo comunque in una zona storica - prosegue il presidente dell'Enoteca - Bisogna pensare che il passaggio da vino dolciastro a secco, nel Barolo, è avvenuto all'inizio del 1800, mentre da noi è successo pochi anni dopo, alla fine del secolo. Louis Oudart, che fece grande il Barolo, venne anche a Neive». Ma forse l'uomo che può essere definito il "padre del Barbaresco" è Domizio Cavazza, che nel 1894, acquistando il castello, realizzò anche la Cantina sociale. «Capì subito la potenzialità della zona - spiega Giancarlo Montaldo - dove il Nebbiolo poteva dare grandi risultati. Tanto da individuare nella zona i vari Cru».
Ma quali sono le caratteristiche del Barbaresco? «È un vino che resiste nel tempo, con una notevole struttura, con sensibili differenze annuali (senza gli eccessi, però), dove l'influenza del Tanaro si fa sentire maggiormente rispetto al Barolo. In realtà, si possono distinguere tre zone. La prima è quella del comune di Barbaresco e di un parte di Neive, dove esiste un terreno tortoniano con marne più compatte e dure: qui si realizzano i vini con maggiore struttura. Poi c'è la zona che comprende Treiso e la parte a sud est del comune di Neive: in questo caso ci sono marne grigie e sabbia, dalle quali si hanno vini profumati e più leggeri. Infine ci sono i rimanenti terreni, quelli di origine alluvionale, con vini di struttura non eccelsa».
Nel suo "piccolo", comunque, l'Enoteca regionale del Barbaresco sta cercando di fare molto a livello di promozione. «Vogliamo essere un presidio sul territorio - sottolinea Montaldo - Un punto di riferimento per chi viene a trovarci. Vogliamo più che altro portare la gente a scoprire il Barbaresco, piuttosto che uscire noi con i nostri prodotti. Questo è il nostro pensiero di turismo: noi dobbiamo essere bravi e capaci a dare informazioni. Qui in Enoteca (realizzata nell'antica chiesa di San Donato, ora sconsacrata, ndr) ci sono circa 180 Barbaresco in vendita. E solo Barbaresco. Perché è solo così che possiamo fare capire che non siamo i "fratelli minori" di nessuno».

Raffaele Foglia

Per chi ne vuole sapere di più:
ENOTECA REGIONALE DEL BARBARESCO
IL BARBARESCO
COMUNE DI BARBARESCO

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