La Svizzera torna l'Eldorado
delle piccole imprese artigiane

Meno tasse, poca burocrazia e flessibilità: i vantaggi di lavorare in Ticino
Cna e Confartigianato lanciano il progetto Plat: già aderito 180 imprese

Como - Scandalo Vaduz a parte, segreto bancario garantito o meno, la Svizzera torna a guardare alle imprese, soprattutto alle piccole aziende artigiane, per rilanciare il suo marketing territoriale. Sale l’onda elvetica e passa pesantemente dal Canton Ticino. Sul tavolo ci sono tasse al minimo sul lavoro, un mercato dell’occupazione flessibile, bassi prelievi fiscali sulle società, sconti e incentivi economici, e pochissima burocrazia con un sistema bancario abituato ad accompagnare le aziende sia in patria sia all’estero. Così l’ultima «provocazione» in questo senso la Svizzera l’ha tirata proprio domenica scorsa. Bruxelles aveva chiesto a Berna di rinunciare al progetto di un’ulteriore riduzione delle imposte sulle imprese perché troppo favorevole e si sarebbe potuta configurare addirittura come aiuti di Stato, in contrasto con i trattati sottoscritti proprio con Bruxelles. La risposta - carica di tutto l’euroscetticismo crociato - è stata data con un «sì» alla riforma per tagliare le tasse che gravano di fatto sulle 300mila piccole imprese della Confederazione. Gli utili e i dividendi versati agli azionisti non saranno più interamente tassati ma solo fino al 60%.
Scelte pesanti che rebndono effiace questo tipo di marketing territoriale. A cominciare proprio dal Canton Ticino, con il suo programma Copernico: promozione economica fatta di incentivi finanziari e fiscali che in Ticino fra il 1997 e il 2005 ha favorito l’insediamento di 151 imprese di cui 70 dall’Italia. Nel 2006 altre 11 imprese, di cui 3 italiane. Una tassazione del 17% ha messo in moto negli ultimi dieci anni una delocalizzazione di imprese italiane non in Cina, non in Romania ma a Lugano e Bellinzona. In Ticino il gruppo tessile Zegna è presente con sedi commerciali e produttive. Oggi Gucci, Versace, Armani, Boss sono nella filiera logistico-commerciale ormai ampia in Ticino. Grandi industrie. Ma le piccole non hanno meno svantaggi. Se ne sono accorte le due associazioni comasche dei piccoli artigiani, la Cna e Confartigianato Como, che hanno messo in piedi un progetto per «spingere» oltreconfine i piccoli imprenditori. E ad oggi sono oltre 180 le imprese che hanno già aderito: impiantisti, edili, meccanici, mobilieri, aziende tessili, ma anche studi professionali, autotrasportatori. La Svizzera è un mercato interessante: è il secondo  partner commerciale dell’Ue, dopo gli Usa e prima della Cina. Ma è il sesto mercato di sbocco a livello mondiale del «made in Italy», a cominciare dal tessile e dal legno. In Svizzera operano già 12.000 imprese con titolare italiano. Due prodotti su tre importati dal Ticino provengono dall’Italia e l’export italiano in Ticino è un quarto dell’export totale italiano in Svizzera.
«La Svizzera è il solo paese ad avere mantenuto le frontiere - spiega Giovanni Moretti, coordinatore del progetto transfrontaliero Plat e delegato per il Canton Ticino della Camera di commercio italiana per la Svizzera -. E’ vero che la Svizzera aderisce alle regole dell’Europa ma lo ha fatto in una forma molto particolare, che ne tutela in parte l’autonomia, a cominciare dalla libera circolazione delle persone. L’accordo è in vigore dal 2002 e la sua completa attuazione è prevista entro maggio 2014. Ma dal 2004 anche le imprese europee dei 15 paesi originari dell’Ue, possono circolare liberamente in Svizzera». I vantaggi sono immediati, oltre al pacchetto economico e fiscale, naturalmente. «Certo che esistono - incalza Moretti - . Per 90 giorni lavorativi le aziende all’anno hanno diritto di lavorare in Svizzera senza bisogno di alcun permesso, e per un’impresa artigiana è il business di tutti i giorni: è sufficiente notificare all’ufficio della mano d’opera estera del cantone interessato, 8 giorni prima dell’inizio dei lavori, periodo e luogo dove si opererà e i nomi delle persone che vi lavoreranno, è il permesso è ottenuto». Vantaggi anche per i lavoratori dato che i dipendenti, anche extracomunitari, che vengono temporaneamente distaccati a lavorare in Svizzera, restano sottoposti ad un duplice regime legislativo e contrattuale. Nel 2005 sono stati 3.265 gli italiani (artigiani e dipendenti distaccati) che hanno lavorato temporaneamente in Ticino, grazie agli accordi bilaterali. Nel 2006 sono stati 3.744. «Continuano ad essere dipendenti dall’azienda italiana, ai quali si applicano leggi e contratti svizzeri - spiega Moretti -. Quindi, per il periodo lavorato in Svizzera, verrà loro corrisposta un’integrazione salariale pari alla differenza tra salario italiano e svizzero».
Insomma, la Svizzera apre un’ulteriore opportunità di lavoro per le nostre imprese. E parte proprio da qui il progetto degli artigiani comaschi: sostenere le aziende offrendo loro una serie di servizi in questa missione: dalle informazioni sulle regole e le opportunità di lavoro, alla messa a disposizione gratuita di un sito internet che dà visibilità alle imprese iscritte e ne favorisce il collegamento col mercato svizzero, fino a iniziative per migliorare i rapporti col Ticino e allacciare collaborazione economica anche con i principali cantoni della Svizzera di lingua tedesca. E il vantaggio è reciproco: delle 154 imprese iscritte, 39 sono svizzere, «a dimostrazione dell’interesse - spiega Moretti - ad una reciproca collaborazione tra le imprese a nord e sud del confine». Como è di fatto la realtà provinciale che più si sta impegnando sul tema dei bilaterali: è stato costituito un gruppo di lavoro con tutte le associazioni imprenditoriali, le organizzazioni sindacali e gli enti pubblici. Un secondo gruppo, con gli stessi referenti elvetici, direttamente in Ticino. Grazie a questi tavoli è stato stilato un «vademecum» per le aziende svizzere che intendono lavorare in Italia. «E’ l’unico vademecum esistente per le aziende svizzere - sottolinea Moretti -. Una differenza con la Svizzera che ci viene fatta pesare».
Simone Casiraghi

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