La mamma di Yara depone in aula
«Quel giorno era contentissima»

Nuova udienza per il processo che vede imputato Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. La deposizione della madre

Nuova udienza per il processo che vede imputato Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Verso le 10,30 la mamma di Yara, Maura Panarese, ha iniziato la sua deposizione, raccontando i dettagli della vita della figlia tredicenne: la scuola, la famiglia, le amicizie, lo sport. Maura ha raccontato, tra le tante cose, che il giorno della scomparsa voleva che la figlia rientrasse prima dalla palestra «ma le i ha insistito per restare là fino alle 18,45». «Controllavo il suo cellulare e non ho mai notato nulla di strano», ha aggiunto. La mamma ha spiegato anche che Yara «rimase impressionata dal caso di Sarah Scazzi (la ragazzina uccisa ad Avetrana, ndr) e questo fu un’occasione per parlare in famiglia su come comportarsi. Le dissi di entrare in un negozio e di chiedere aiuto se si fosse sentita in pericolo».«Non ho mai visto in giro Bossetti – ha raccontato –. Il giorno dell’arresto io e mio marito ci siamo chiesti chi fosse». «Yara non mi ha mai parlato di aver conosciuto persone più grandi e non ha mai accettato passaggi da altri».

«Con mia figlia avevamo un rapporto normale – ha raccontato tra le altre cose – andava in palestra a piedi, in bici o la accompagnavo io in auto. Negli ultimi mesi aveva deciso di lasciare il catechismo». «La domenica a volte c’erano le gare», ha raccontato la mamma in relazione all’attività sportiva di Yara, che praticava la ginnastica ritmica nella palestra di Brembate Sopra. Yara , il 26 novembre 2010, quando scomparve, aveva ricevuto il «pagellino» ed era «contentissima perché aveva preso voti bellissimi».

L’ultima volta che vide Yara (e spesso ricordando la figlia la donna ha sorriso) stava facendo i compiti e, una volta finito, avrebbe portato uno stereo nella vicina palestra che frequentava. «Mamma abbiamo un sacchetto?», chiese la tredicenne e Maura Panarese, con una battuta, rispose: «Figurati se guardano tutti te che porti lo stereo». «Lei non aveva un computer personale, non aveva Facebook, aveva solamente un cellulare vecchio». Poi la scomparsa: «Avevo chiesto a Yara – ha raccontato la mamma in aula – di tornare (dalla palestra, ndr) entro le 18.45, alle 19 l’ho chiamata, 3-4’squilli e poi è partita la segreteria. Ho chiamato le istruttrici e mi hanno risposto che era uscita dalla palestra alle 18.30. Allora sono andata in palestra, ma Yara non c’era, così ho chiamato la polizia».

In aula gli avvocati di Bossetti hanno chiesto il diario di Yara e gli atti del Dna. Il pm Letizia ruggeri ha spiegato che il diario non è stato mai acquisito, sono state fatte alcune fotocopie all’inizio delle indagini per capire il profilo della vittima. La Corte ha rigettato la richiesta del diario. I legali del muratore entrando in Tribunale hanno detto che non è preoccupato di incontrare i genitori». Bossetti è arrivato in aula alle 9,48, jeans e camicia bianca: i suoi avvocati hanno chiesto e ottenuto che il muratore sedesse accanto a loro, non nella gabbia a vetro degli imputati. Tra i 14 testimoni della giornata la madre e il padre della vittima, Maura Panarese e Fulvio Gambirasio, arrivati poco dopo le 9. All’esterno la consueta folla di giornalisti e cittadini: fuori dall’aula carabinieri e transenne per impedire l’ingresso a giornalisti e altre persone non autorizzate.

Prevista anche la testimonianza di Keba, la sorella di Yara, oggi ventenne (la ragazza non è arrivata con i genitori): doveva essere lei, la sera del 26 novembre 2010, a portare il registratore alla palestra di Brembate Sopra. Invece, si offrì Yara: dopo aver insistito, come si era sostenuto all’inizio dell’inchiesta (e dunque col sospetto che avesse un appuntamento tenuto segreto); senza alcuna insistenza, come ha precisato in seguito la famiglia. Poi parola alla zia Nicla, chiamata a far luce soprattutto sulla frequentazione - con la nipote Yara - del supermercato Eurospin di via Locatelli a Brembate Sopra. È qui, sostiene chi indaga, che il carpentiere potrebbe aver approcciato la ragazzina e dunque aver avuto gioco facile, da viso noto, a farla salire sul furgone la sera in cui sparì.

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