La deriva autoritaria?
Soltanto macchiette

Il cretinismo è la prosecuzione del fascismo con altri mezzi. Visto che l’Italia è un paese meraviglioso, visto anche che la realtà supera sempre e comunque di lunga pezza la fantasia e, soprattutto, visto che nella repubblica delle banane non è prevista la dimensione tragica dell’esistenza, che nel giro di pochi attimi è invece destinata a trascolorare inesorabilmente nel grottesco, il cosiddetto caso Anastasio non poteva che finire così.

In un paese normale un alto dirigente di una società pubblica che spedisce al suo consiglio di amministrazione una mail nella quale sono copiati pari pari ampi stralci del celebre discorso di Mussolini alla Camera del 3 gennaio 1925 – quello nel quale si assumerà la responsabilità del caso Matteotti, segnando l’inizio vero e proprio della dittatura, giusto per intenderci - sarebbe stato sommerso dalle risate e l’autore preso a torte in faccia e accompagnato alla porta a pedate nel sedere. Soprattutto dopo aver letto le giustificazioni dadaiste, situazioniste, circensi che lo stesso Claudio Anastasio - dopo le inevitabili dimissioni dall’incarico - ha provato a imbastire, in un italiano che si può ben immaginare, con tutto un misto di complottismo, dietrologismo e patriottismo che lo ha ricoperto ancor più di ridicolo.

Il tema vero, sempre se vivessimo in un paese normale, beninteso, sarebbe quello di chiedersi innanzitutto chi è questo monumentale pezzo di cretino, dato che nessuno lo conosce e nessuno sa per quali opere meritorie si sia guadagnato la poltrona di presidente della società “3-I”, che gestisce il software dell’Inps, dell’Istat, dell’Inail e del consiglio dei ministri, non propriamente un incarico di secondo livello. Ma soprattutto chi è quel genio, quel cervellone, quello scienziato che lo ha messo in quel posto di alta responsabilità, considerato che il dividendo di una scelta del genere si è rivelato disastroso per il governo, che ha fatto una figura ben al di là dei limiti del pagliaccesco nei confronti dell’opinione pubblica nazionale e anche internazionale, alla quale non sembra vero di godersi lo spettacolo degli italiani baffo nero mandolino che fanno gli italiani pizza, spaghetti e maritozzi.

Invece, come prevedibile, come al solito, come sempre, al cretinismo del sedicente pericolo fascista si è opposto il trombonismo della sedicente sentinella antifascista. E tutto un tuonare, un ululare, un invocare, e pifferi e tromboni e grancasse e allarmi e allerte e non abbassiamo la guardia e Gramsci e Gobetti e i Quaderni del carcere e la Brigata Garibaldi e la piccola vedetta lombarda e il passator cortese e tutto un trionfo di riti apotropaici, di retorica posticcia, cisposa, pulciosa e forforosa, di dannunzismo - anzi no, perché forse era un po’ fascista pure lui - di carduccismo d’accatto, di reducismo da bar della Pesa, di pertinismo amarcord, che ha ottenuto come unico risultato quello di rendere ancora più grottesca una situazione che già più grottesca di così non si poteva.

Ora, è vero che l’attuale governo se le va proprio a cercare e che è anche in queste questioni minori e risibili che si vede il clamoroso deficit di classe dirigente degli ultimi arrivati nella stanza dei bottoni. Però è anche vero che sarebbe opportuno ricordare che questo paese si è beccato Gava (Gava!) ministro degli Interni, la Pivetti (la Pivetti!) presidente della Camera e Di Maio (Di Maio!) ministro degli Esteri, giusto per citarne alcuni e tralasciando la miriade di mostri che hanno affollato negli anni gli strapuntini di sottogoverno e limitrofi, e quindi, in buona sostanza, di cosa stiamo parlando? Ed è anche vero che l’occasione per un’opposizione ideologica e conformista era troppo ghiotta per non intonare lo sperimentatissimo e inutilissimo ritornello (più lo sventoli in piazza, meno voti prendi alle elezioni…) sul pericolo fascismo.

Ma è tutta fuffa, tutto ciarpame, tutta rebonza. Il signor Anastasio non incarna alcuna deriva autoritaria, ovviamente, e solo un ingenuo oppure uno in malafede può leggerlo così. Il soggetto in questione è soltanto uno dei tanti personaggetti che il mondo del post fascismo o del neo fascismo, insomma, di quella roba lì, ha sempre prodotto per fargli poi affollare il sottobosco della politica e della società italiane ed è costituito sostanzialmente da macchiette, da poveracci, da falliti, da scappati di casa. Un serraglio che ha offerto l’occasione a grandi registi come Fellini, Monicelli o Risi, ma in fondo anche a Virzì, di regalarci film spassosi e gorgoglianti di questi italiani da quattro soldi, questi lecchini del potere, questi fanfaroni per i quali il fascismo è stato solo uno dei tanti padroni da servire e riverire - la storia d’Italia è stracolma di invasori che non abbiamo combattuto, ai quali abbiamo spazzolato le scarpe e con i quali ci siamo messi d’accordo - e grazie al quale sbarcare il lunario.

Ma quali alti, pensosi e indignati ragionamenti volete che si possano fare sulla mail di Anastasio e sulle sue successive arrampicate sugli specchi, che lui non lo sapeva che fosse così grave copiare Mussolini, che avrebbe potuto citare anche Shakespeare o Stalin (andiamo bene…) o magari Obama o addirittura Mandela e che gli hanno teso una trappola (chi? i partigiani?) e che se fosse stato un vigliacco avrebbe detto di essere stato hackerato, ma lui invece è coraggioso e italiano tutto d’un pezzo e che lui voleva provocare il consiglio di amministrazione per superare le ignobili resistenze all’innovazione e l’immobilismo contro il decollo della società e dargli così una scossa di patriottismo alla difesa degli interessi nazionali? Quale minaccia rappresenta l’Anastasio di cui sopra per la democrazia liberale, democratica e antifascista?

Qui non c’è niente da indignarsi e niente da difendere. C’è solo da sghignazzare e pensare magari a un remake di un iconico film di Luciano Salce con gli immortali Lino Banfi e Franco Bracardi e che potrebbe ora assoldare il talentuoso dirigente di “3-I”: “Vieni avanti, Anastasio!”

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