Il cerchio insidioso
che assedia il premier

Sembra difficile che Matteo Renzi possa fare qualche passo indietro sul Jobs Act, come spera la minoranza del Pd, dopo aver sbandierato in tutte le sedi che non accetterà «pasticci all’italiana» (copyright Poletti).

Ne deriva che, a dispetto del lavorio dei pontieri, la Direzione democratica di lunedì rischia di produrre una frattura. O piuttosto un chiarimento. Se, come dice Pier Luigi Bersani, una sintesi è possibile perché nel merito le distanze non sono poi così ampie (Orfini), vuol dire che in realtà la battaglia in atto è per affermare la sopravvivenza nel partito di una diversa identità politica, quella che si richiama alla filiera Pci-Pds-Ds; un’identità che chiede una sorta di riconoscimento politico al segretario-premier.

Il Rottamatore vorrà darlo? Difficile dirlo. Al momento l’unica certezza è il no alla pre-riunione proposta dai bersaniani per svelenire il clima. Ma il fronte più insidioso per Renzi potrebbe rivelarsi quello cattolico: l’avvertimento, abbastanza irrituale, giunto dalla Cei a smetterla con gli slogan e a cambiare l’agenda è basato sulla crisi che si approfondisce ogni giorno di più.

Certo non ha fatto piacere a palazzo Chigi, sebbene il presidente del Consiglio si sia affrettato a dire che rispetta le considerazioni dei vescovi italiani. Il vicesegretario dem Lorenzo Guerini ha osservato che si tratta di parole importanti ma che il governo sta rispondendo con i fatti.

L’insidia è proprio qui. Le riforme messe in cantiere sono grosse novità per l’Italia e come tali vengono accolte all’estero. Ma avranno bisogno di tempo, forse di molto tempo, prima di produrre effetti percepibili nella vita quotidiana degli italiani. E’ su questo punto debole che insiste la minoranza interna.

Ma alla fine si dovrà votare. Prima in Direzione, poi nei gruppi parlamentari. Il presidente pd Matteo Orfini, che proviene dall’opposizione interna, ricorda che fu proprio Bersani a chiedere a tutti i parlamentari, all’atto della candidatura alle elezioni politiche, l’impegno a rispettare le decisioni prese democraticamente a maggioranza. Bersani ha fatto sapere che in ogni caso non esiste un pericolo scissione. Esiste invece il rischio che singoli parlamentari possano votare contro il provvedimento per motivi di coscienza: al Senato ne basterebbe una decina per mandare a gambe all’aria il governo che certo non può accettare il “soccorso azzurro” in sostituzione degli eventuali transfughi perché ciò equivarrebbe ad un cambio di maggioranza. In questo scenario, il Nuovo centrodestra avverte il premier che non può decidere da solo. In realtà anche gli alfaniani hanno grossi problemi interni: dalle trattative per la nascita del Ppe italiano a quelle per un accordo elettorale con Forza Italia.

E’ un dibattito speculare a quello che sta avvenendo in Fi. Raffaele Fitto critica il «partito dei renzologi» che si chiedono sempre che cosa fa Renzi e non si preoccupano di quello che dovrebbe fare il movimento azzurro. Ormai schierato su una linea di contestazione al Cavaliere, Fitto aggiunge che sarebbe molto grave se l’anziano leader lanciasse altolà alla vecchia guardia per dare spazio a giovani impreparati e senza voti. E’ anche un modo per condizionare implicitamente il patto del Nazareno in vista di votazioni parlamentari che si preannunciano imprevedibili.

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