Aiuti alle imprese: «Nei bandi pubblici troppa burocrazia»

Analisi Indagine di Confapindustria tra gli associati. Molte aziende scoraggiate dalle difficoltà dell’iter. I più utilizzati sono i contributi erogati dalla Regione

Ci sono difficoltà di “dialogo” tra i fondi pubblici e le Pmi, che a causa dell’eccessiva burocrazia non riescono a ottenere le sovvenzioni che negli ultimi anni sono state concesse in modo abbondante a più livelli.

Nell’era post Covid, infatti, tra mille difficoltà – speculative e non – i mercati sono andati spesso in sofferenza. Per permettere al sistema economico continentale di reggere l’urto della crisi, l’Unione europea ha aumentato in modo consistente i fondi destinati allo sviluppo anche del nostro Paese. Queste risorse, però, solo parzialmente sono arrivati alle piccole e medie industrie. A rilevarlo è l’indagine realizzata dal Centro studi di Confapindustria Lombardia a cui ha partecipato circa un centinaio di aziende associate ad Api Lecco Sondrio.

L’obiettivo del sondaggio era capire come nel biennio post-Covid fosse cambiato il rapporto tra le aziende del territorio e la finanza agevolata, ovvero i bandi regionali, nazionali ed europei. Di fatto, ha rilevato l’associazione di via Pergola, è risultato «scarso l’interesse delle imprese per i bandi europei perché troppo difficili da ottenere; buona, invece, la partecipazione a quelli nazionali gestiti da enti locali come possono essere quelli di Unioncamere e Camere di commercio».

I fondi erogati da Regione Lombardia sono quelli più utilizzati dalle nostre Pmi: coinvolgono il 38% delle realtà associate rispondenti, la maggior parte delle quali dichiara di aver partecipato ad uno o due bandi massimo. E mediamente il 65% delle imprese che fa domanda, ottiene esito positivo.

Il 53% degli intervistati ha dichiarato che i fondi ottenuti sono di una cifra al di sotto dei 100 mila euro, per una media complessiva di 46.239 euro e si tratta principalmente di finanziamenti a fondo perduto (57%). Nel 40% dei casi, invece, l’importo richiesto e ottenuto non ha superato i 10mila euro. Sette aziende su cento, infine, hanno avuto accesso a contributi fino a 500mila euro.

Una parte considerevole di aziende non percorre la strada della finanza agevolata per diverse ragioni. Il motivo più diffuso (70% delle risposte) è legato alla componente burocratica sotto l’aspetto pratico di compilazione e di inoltro della domanda, ma anche (30%) per sfiducia nel sistema, forse storicamente percepita. Rilevante anche la quota relativa al semplice disinteresse: il 35% non partecipa a bandi per questo motivo, in parte forse per mancata percezione delle fattive opportunità che potrebbero emergere o per mancanza di requisiti d’accesso. Per quanto riguarda le aree di interesse ai fabbisogni delle aziende (risposte multiple) gli investimenti in beni strumentali sarebbero d’interesse per il 57% degli intervistati, l’efficientamento energetico per il 49%, ricerca, sviluppo e innovazione per il 29%, tutela ambientale per il 27% e formazione per il 24%.

L’indagine ha, inoltre, indagato sui rapporti che le pmi hanno con gli istituti di credito. Negli ultimi quattro anni per 7 imprese su 10 è cresciuta l’esposizione finanziaria e di conseguenza si è rafforzato il legame di dipendenza con fonti terze di sostegno. Per 27 associate su 100 è diventata più gravosa sia l’esposizione a breve sia a lungo termine.

Crescendo l’esposizione finanziaria, si deteriorano in modo più o meno evidente i rapporti intrattenuti con gli istituti finanziari di riferimento. Interrogati in merito a come sono cambiate le modalità di rapportarsi con le banche, gli intervistati evidenziano un deciso e diffuso deterioramento delle condizioni applicate sull’apertura e sulla operatività dei conti.

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