Abu Omar: i pm contro Prodi:
<Non ha collaborato, è stato sleale>

Ennesimo scontro tra la Procura di Milano che indaga sul rapimento di Abu Omar, l'ex imam di Milano, e il governo. I procuratori Spataro e Pomarici puntano il dito contro il governo che non avrebbe fornito l'aiuto per arrivare al processo

MILANO Se la trattativa sul ritiro del conflitto 'incrociatò tra poteri dello Stato tra il governo e la magistratura milanese è ufficialmente in stallo, l'aria che tira sulla vicenda del sequestro dell'ex imam di Milano Abu Omar è sintetizzabile con quanto detto e scritto  dai procuratori aggiunti Armando Spataro e Ferdinando Pomarici nel processo a 35 persone, tra cui vi sono il generale Nicolò Pollari, ex direttore del Sismi, e 26 agenti Cia, da tempo irreperibili.
Pomarici, per esempio, chiedendo che il processo prosegua anche se la Consulta non ha deciso sul conflitto, ha detto di non capire perchè l'esecutivo «si sia così vilmente appiattito sulla posizione dell'imputato Pollari» e ha rincarato la dose: «Il governo ha offerto non una leale collaborazione, ma una sleale opposizione alla celebrazione di questo processo». Il fatto è, e i pm lo scrivono in una memoria, che il conflitto sembra <tagliato su misura> per Pollari. L'Avvocatura dello Stato usa, infatti, «argomenti strumentali» dell'ex direttore del Servizio, nonostante fosse «già formalmente indagato» quando, nell'autunno del 2006, preannunciava al governo denunce contro i magistrati milanesi.
Le circostanze riportate nelle denunce «sono state poste alla base», scrivono i pm, del conflitto con la Procura: «Si spiega a questo punto come quel ricorso contenga inesattezze, omissioni, accuse calunniose, distorta rappresentazione dei fatti». Più che un conflitto tra poteri è un «conflitto d'interessi», basato «su informazioni parziali, inesatte e contenenti gravi omissioni nella descrizione dei fatti e circa la trasmissione ai pm di documenti (oltre che di errate valutazioni giuridiche)» fornite proprio da Pollari.
Spataro e Pomarici si fanno forti del decreto di archiviazione del gip di Brescia della denuncia del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga contro di loro, dell'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e dei funzionari Digos che collaborarono alle indagini. Per il gip c'è «l'impossibilità di muovere qualsiasi addebito ai magistrati milanesi», in ordine alle intercettazioni su utenze telefoniche del Sismi e alle presunte pressioni su indagati e testimoni perchè rivelassero notizie coperte da segreto. Tutte circostanze contenute nel documento dell'Avvocatura, mentre il gip evidenzia «l'ambiguità e l'incertezza nell'asserita apposizione del segreto di Stato» da parte del governo («Non abbiamo avuto modo di sapere dove, come e quando è stato apposto», dirà Spataro).
C'è poi la storia della trattativa per il ritiro del conflitto («l'apertura al dialogo fu del governo, noi abbiamo sempre detto le stesse cose», per la Procura) che Alessandro Pace, il costituzionalista che assiste i magistrati milanesi, ricostruisce così in una lettera: quando sembrava ormai fatta, «nella giornata in cui vi fu il voto contrario al Senato sulla fiducia al Governo, l'avvocato generale dello Stato Caramazza gli disse che »il presidente Prodi riteneva conseguentemente di non poter formalizzare la rinuncia qualificando atto di straordinari amministrazionè«. Pace obiettò che questa decisione contrastava con l'adozione, da parte del Governo dimissionario, di numerosi decreti legge e con il riconoscimento del Kosovo. Il costituzionalista ritenne inoltre il comportamento dell'ex premier »discutibile« sotto due profili: il conflitto era stato sollevato da Prodi e non dal governo e la valutazione se rinunciarvi spettava solo a lui. Secondo: »Ritenere di scarsa importanza la sollecita celebrazione di un processo penale, come quello di Milano relativo al rapimento di Abu Omar (avente delicate implicazioni politico-istituzionali) non costituisce certo una manifestazione di leale collaborazione« di Prodi con l'autorità giudiziaria. Il governo replica: <È del tutto arbitrario affermare, come sembra sia stato fatto, che l'avvio della "trattativa> sia stato opera del Governo e, ancor di piu che al Governo sia imputabile qualunque slealtà di comportamento>. Ribadisce, inoltre, che il conflitto fu deliberato dopo un parere <motivato> dell'Avvocatura che esaminò »dati oggettivi e circostanziati« che richiedevano »responsabilmente« una pronuncia della Consulta.
Stefano Rottigni

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