Miti, spettri e omicidi
Il romanzo di Leoni

Sulbiate - La mattina del 31 luglio 1550, a seguito di una furiosa lite nata per una coppa di vino, il cocchiere di casa Arcimboldi viene ferito sul piazzale del Castello. Due ore dopo, riverso sotto una vite sulla strada per Bellusco, l’uomo muore stringendo la spada del suo assassino. La soluzione del caso sembra scontata, ma una lettera anonima riapre le indagini. Un episodio di cronaca, registrato negli archivi, un giallo che tiene sospesi tra colpi di scena e la sorpresa finale. Un romanzo storico, ambientato nella Sulbiate di quasi cinque secoli fa. L’autore è Maurizio Leoni, classe 1959; nel 2002, insieme al fratello Claudio ha già dato alle stampe la storia del paese.

Il romanzo sarà presentato alla cittadinanza la sera di sabato prossimo, proprio tra le mura del Castello. «La cronaca dell’omicidio – racconta Leoni – è fedelmente riportata nel volume “Sulbiate, l’albero e le radici”. Don Maurizio Bidoglio mi disse che si trattava di una vicenda che presentava aspetti inquietanti. Passarono quattro anni. Mentalmente ripercorrevo i luoghi, iniziando a immaginare volti, colori, suoni. Un mattino del 2006, presi un foglio e iniziai a scrivere, pervaso da un senso irrefrenabile di raccontare. Fu l’inizio del manoscritto, che conclusi poco tempo dopo, nel gennaio 2007».

Uno dei pregi del romanzo, secondo l’autore, è quello di aver ricostruito la vicenda attraverso lo sguardo della “gente semplice”, «dando una voce e un volto a chi non li ha avuti nella storia». «È un libro che permette di riscoprire ricordi che erano un po’ accantonati – commenta il sindaco, uno dei primi lettori – recupera la memoria brianzola e completa il volume sulla nostra storia». Anche la pro loco partecipa alle operazioni editoriali: «Cercheremo di ricreare un’atmosfera particolare per la serata di presentazione» ha promesso la vicepresidente Annamaria Filardi.

Tra i tanti personaggi del giallo, ce n’è uno che anche i sulbiatesi di oggi conoscono bene, perché – si dice – continua ad aggirarsi tra le mura dell’antico edificio. «Il fantasma del Castello – spiega Fausto Cremonesi, uno degli attuali proprietari – è protagonista di numerose, anche recenti, apparizioni. Letti che si scuotono, tutti noi, io stesso un paio di mesi fa, abbiamo sentito passi di bambino o la greve camminata di un anziano per i corridoi. Poi c’è l’episodio degli operai». Era il 1999 e alcuni muratori stavano lavorando sulla torretta. Una voce che insistentemente li invita ad andarsene, la fuga e il racconto: «Non veniva da nessuna parte, era lì con noi, ma non si vedeva nessuno». E parlava bergamasco. Lo stesso dialetto del cocchiere di casa Arcimboldi.
Letizia Rossi






 

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