Spari vicino alla gente. Già cinque cacciatori multati

La Polizia provinciale puntuale nei controlli ma la legge nazionale è ritenuta troppo blanda: «Sono pochi 206 euro per chi non rispetta le direttive»

Il caso delle famiglie costrette ad interrompere la scmpagnata a Triangia perché sfiorate dai pallini esplosi da due cacciatori non è di certo passato inosservato a Palazzo Muzio, sede della Polizia provinciale.
I guardiacaccia sono inflessibili in fatto di distanze da mantenere e rispettare e non passa anno venatorio senza che vengano elevate delle sanzioni.
«Di solito non superiamo i dieci verbali in un anno - precisa Ettore Mozzetti, agente della polizia provinciale -e quest’anno, in poche settimane di apertura della caccia ne abbiamo già stilati cinque, tutti nella zona tra Morbegno e Chiavenna. E naturalmente se riusciremo a risalire a chi ha sparato a Triangia il dato è destinato a lievitare».
Domenica scorsa tre famiglie con sei bambini si trovavano in una radura nei pressi dell’antenna di Triangia per un pic nic quando sono state sfiorate da alcuni pallini. I genitori si sono messi ad urlare per far notare la loro presenza ed hanno raggiunto i cacciatori che anziché scusarsi hanno ribadito come la loro presenza in quel luogo fosse legittima trattando si una zona destinata al rilascio di fagiani.
La legge nazionale parla chiaro: occorre mantenere delle distanze di sicurezza da case, luoghi di lavoro, parchi, giardini. Almeno 100 metri. In questa fascia il cacciatore non può nemmeno transitare armato. Se spara, deve poi mantenere una distanza di 100 metri dove ci sono persone che lavorano e deve avere alle spalle almeno 50 metri che lo separino da strade comunali, provinciali, piste ciclabili e ferrovia (sono escluse le strade interpoderali). Nella direzione in cui spara - invece - la distanza aumenta: almeno 150 metri da case e luoghi di lavoro, se si usa un fucile a canna liscia (come la doppietta, ad esempio), mentre se si imbraccia una carabina, la distanza deve essere di una volta e mezza la gittata (per capirci, se il fucile spara a 3 chilometri, la distanza minima deve essere di 4,5).
Va da sè che il cacciatore deve conoscere bene la zona in cui esercita l’attività venatoria, e deve assicurarsi che non ci siano altre attività in corso: passeggiate, pic nic e via dicendo. Lo stesso deve avvenire - per intenderci - anche in un bosco: perchè il fatto che un cacciatore spari ad un altro collega, non è cosa che deve capitare, anche se in realtà di tanto in tanto succede.
«Chi non rispetta queste direttive rischia una sanzione amministrativa di soli 206 euro. Troppo poco. E non a caso, già a suo tempo,quando fu emanata la legge, la polizia provinciale di Sondrio aveva fatto pervenire delle osservazioni... Se proprio non si vuole andare nel penale, che almeno la licenza di caccia venga sospesa. Faccio presente che poche settimane fa la Corte di Cassazione in un caso simile ha applicato l’articolo del codice penale che contesta “l’esplosione pericolosa”. In quel caso si parlava di un cacciatore che aveva esercitato a meno di 100 metri da una casa».
Di casi, anche eclatanti, la cronaca locale ne ricorda parecchi (a Mazzo, ad esempio, a Castione Andevenno). Anche recenti. Lo scorso anno, in Valchiavenna, furono raccolte firme da chi frequentava la pista ciclabile sul fondovalle e la denuncia consentì di individuare ben tre cacciatori, poi multati. Alcuni anni fa, invece, in Bassa Valtellina, marito e moglie furono raggiunti dai pallini mentre si trovavano lungo la pista ciclabile. Ma il caso più singolare è di certo quello avvenuto a Prata Camportaccio dove una famiglia che stava pranzando in terrazzo, vide arrivare i pallini direttamente nel piatto di polenta.

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