Maroni, la cantonata
sul lago di Como

Il lago di Como ha almeno due milioni di anni secondo gli esperti e fino a ieri aveva il privilegio di essere nominato nel più citato incipit della letteratura italiana, grazie al Manzoni. E il primato come più profondo d’Europa. Da ieri ha un altro record: è il lago più preso in giro del mondo. Può ringraziare per questo poco ambito traguardo il presidente della Regione Lombardia, il governatore “h24” Roberto Maroni.

Dopo aver annunciato una riforma delle province che ricalcava quella della sanità, davanti alle vibrate proteste dei comaschi ha promesso che avrebbe ascoltato la voce del territorio. Si è visto!

Ripresenta tale e quale il piano che umilia Como e divide in tre il nostro lago.

Non ce ne voglia il presidente Maroni che è uomo di spirito e uso a navigare nelle acque agitate della politica. Abile a sfidare i marosi come quando seppe fare pubblicamente la clamorosa marcia indietro di un decreto del primo governo Berlusconi, provvedimento contestato dal pool di Mani Pulite, e fu tanto convincente a spiegare che lo aveva votato per sbaglio. Acuto e prudente sempre nella gestione di un rapporto intenso e turbolento con quel Bossi che allora era in salute e spaccava i marroni davvero a chiunque.. Sagace e prudente, Maroni, nel saper sopravvivere alla mutazione genetica della Lega stile Salvini e nel ritagliarsi un suo spazio all’ombra delle felpe e del ruspante giovane leader.

Non ce ne voglia che se gli ricordiamo tutto questo. Non lo facciamo per partito preso. E nemmeno per pregiudizio o perché prevenuti. Solo, vede Maroni, ci piace ricordare le cose che ha detto. Abbiamo il brutto vizio di annotarle e, essendo un giornale, di scriverle e raccontarle ai lettori. In breve, per chi non fosse sul pezzo: tramite il suo ex amico Rizzi (finito come sappiamo) ha fatto approvare una riforma della sanità che ridimensiona la provincia di Como togliendole tutto il territorio che va da Argegno all’Alto Lago. Di colpo. Assegnato d’ufficio a Sondrio sotto l’etichetta di sanità della montagna. Quella scempiaggine passa sotto silenzio, salvo la campagna de La Provincia in difesa dei lariani. Poi, non contento, annuncia di voler anticipare la riforma costituzionale prima del referendum. Lì sono abolite le Province e la Regione Lombardia a sua guida vuole arrivare prima e ridisegnare i territori. Così propone otto aree vaste e suggerisce di chiamarle “Cantoni” come in Svizzera. La sua proposta prevede che Como sia unita a Varese e Lecco a Monza. Ma giusto per umiliare Como ecco che ripesca i confini della sanità e ci toglie tutta l’area che va da Argegno a Gravedona. Questi paesi e i loro abitanti e le loro imprese finiscono sotto la provincia di Sondrio che gode dell’appellativo di “Cantone” della montagna e oltre alla grossa fetta comasca si prende anche la Valcamonica.

Davanti a questo disegno, i comaschi reagiscono. E ancora una volta “La Provincia” dà voce a un malcontento che evidentemente ai piani alti del Pirellone non volete ascoltare. Si riuniscono le categorie e dicono che vogliono riunificare il lago e quindi Como e Lecco insieme. Anche una settantina e oltre di sindaci firmano un documento che chiede la stessa cosa. Lei risponde che ci sono i tavoli territoriali e che accoglierà le proposte. Partecipa anche a una riunione a Comonext di Lomazzo dove sente dalla viva voce di tanti comaschi che vogliono un lago unito. Poi, all’assemblea di Unindustria, il 21 giugno a Villa Erba, annuncia che Como dovrà essere unita a Lecco e a Varese e che sarà il capoluogo essendo baricentrica. Applausi. Bravo!

Peccato che pochi giorni dopo è stato tutto dimenticato. Tanto che il piano che presenterà al Consiglio regionale per le nuove province è datato 13 luglio e prevede Como con Varese, il Cantone della montagna con l’area da Argegno in su che va con Sondrio. Governatore: abbiamo scherzato? Ci smentisca. Dica che ci siamo sbagliati e che quel piano è una fotocopia vecchia di un documento non aggiornato salvo la data sulla copertina. Ci dica qualcosa. Non di destra, non di sinistra, non di centro. Qualcosa di vero.

Lei insiste con il Cantone della montagna e ne ha tutto il diritto. Noi quello di criticare. E di esporre la voce del nostro territorio. Sa che su quel documento la prima frase scritta è “La proposta nasce dall’ascolto del territorio”? Ma davvero? Le battute le vengono bene, altro che la simpatica imitazione di Crozza. E poi aggiunge che la proposta nasce “dalla necessità di semplificare e eliminare”. Semplificare non si sa visto che con il Cantone della Montagna rimangono anche le Comunità montane. “Eliminare”, invece, ci è chiaro: la provincia di Como.

Dia retta ai comaschi. Riunisca un lago che è così da due milioni di anni e non si fermi agli ultimi vent’anni di una separazione innaturale tra Como e Lecco. Un consiglio: non consideri “montano” un territorio che per la maggior parte è fatto di paesi di lago. Consulti l’amata Wikipedia che ha elogiato per il raduno di Esino. Sa cosa riporta? Che Argegno è a 210 metri sul livello del mare, Tremezzina a 209, Menaggio a 203, Dongo a 20’8, Gravedona a 201. Non le sembrano misure più da pianura che da montagna? Dai, Maroni. Ci ripensi. Altrimenti altro che nuovi “Cantoni”. Sul lago di Como prende una cantonata.

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