L’appello di Bonomi a Lariofiere: «È l’ora di tagliare i costi del lavoro»

Confindustria Il presidente nazionale all’assemblea generale delle territoriali di Como e Lecco-Sondrio: «Ridurre la spesa pubblica per riprogettare il Paese»

Energia, debito pubblico, lavoro: tre le emergenze per Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, che chiede interventi urgenti e decisivi, in particolare sulla spesa pubblica: «Va riconfigurata – è la sua indicazione al Governo - per tagliare il costo del lavoro». Priorità ribadite ieri, ospite dell’assemblea di Confindustria Como e Lecco Sondrio a Lariofiere.

Crisi economica

«L’emergenza energia è quella dalla quale dobbiamo partire perché ha un impatto diretto su imprese e famiglie. Lo avevamo già detto. Era il 10 settembre del 2021 – ha voluto puntualizzare Bonomi – perché il problema non nasce dalla guerra russo-ucraina, che semmai lo ha accentuato, ma proviene dalla speculazione che si era evidenziata oltre un anno fa. Ma non ci hanno ascoltato. Salvo poi pregiarsi nei contesti internazionali delle performance dell’industria manifatturiera italiana».

È un discorso denso di rammarico e, insieme, di commozione: da una parte per quello che si sarebbe dovuto e potuto fare, riferendosi ai governi, e dall’altra per la resistenza delle aziende ma anche per la fatica che il fare impresa comporta. Insiste sull’energia e aggiunge all’elenco delle difficoltà i costi dei materiali e ancora prima la difficoltà nel reperirli, scenario che ha messo a dura prova il sistema industriale. «Tanto che questa inflazione la ritengo bassa – ha aggiunto - perché assorbita dalla filiera. E infatti l’export ha resistito, sostenuto per due terzi dalla manifattura».

Ora però altre risorse per tamponare ulteriori rincari dell’energia non ci saranno e lancia un chiarissimo j’accuse: «L’Europa sull’emergenza energia è mancata totalmente e questa assenza si è aggiunta alle scelte superficiali fatte nel tempo dalla politica del nostro Paese. Errori che ora pagano imprese e famiglie». Inevitabile l’esempio dei rigassificatori, che per ora non abbiamo e la Germania invece sì, a tempo record. «Avremmo bisogno di uno Stato che non sia ostile agli imprenditori, ma che ci aiuti perché siamo riusciti, pur in un momento così difficile, a prendere quote di valore a francesi e tedeschi». La coperta è corta: difficile che con un debito pubblico lievitato si possano trovare risorse per le imprese.

Intervento strutturale

«Ora si tratta non tanto di cercare nuove risorse ma piuttosto di ridurre la spesa pubblica che è superiore ai mille miliardi all’anno. Nei momenti di crisi le aziende partono dalla riconfigurazione dei conti economici, chiedo allo Stato di fare lo stesso. Abbiamo oltre 9mila aziende a partecipazione statale. Un terzo di queste è in perdita. Ma soprattutto 1.200 di queste hanno più membri nel Consiglio di amministratore che dipendenti. Qualcosa non mi torna».

La sua richiesta è di riconfigurare la spesa pubblica per poter quindi tagliare le tasse sul lavoro. La riduzione del cuneo fiscale è l’altro pilastro sul quale si concentrano le richieste. Un tema sul quale si gioca la competitività del mercato del lavoro italiano, ma soprattutto lo spazio per poter avvicinare gli stipendi agli standard europei.

«Chiediamo sul lavoro un intervento strutturale – ha continuato – e non interventi bonus che sono una risposta per intercettare voti. Serve pensare, progettare il Paese del futuro. Oggi abbiamo i fondi del Pnrr per riconfigurare la spesa pubblica. Quindi, se non ora, quando?». Proprio il lavoro è l’argomento che torna a centrare il tema dell’assemblea: “People, le persone al centro per un futuro sostenibile” perché anche attraverso il lavoro si costruisce comunità. «Imprenditori, collaboratori e territori sono un unicum – ha spiegato – nelle imprese condividiamo tutti i giorni difficoltà, problemi anche personali, fatiche e successi»

Ha accennato alle emergenze attraversate negli anni, attorno alle quali si è spesso coagulato il senso del dovere di tutti. E per dare la dimensione dell’angoscia che le crisi innescano a tutti i livelli ha dato i numeri dei suicidi degli imprenditori: 700 nella crisi del 2008 - 2011 e 40 tra il primo e il secondo lockdown.

«Si elencano le eccellenze e i risultati, ma oggi sono tanti gli imprenditori preoccupati per le chiusure di aziende che magari ha fondato il padre o il nonno e dell’impatto che questo avrà sul reddito dei lavoratori e delle loro famiglie chiediamo alla politica di ascoltarci, di studiare i dossier e di valutare gli impatti di certe decisioni. Una cosa che non si fa in Italia e mi sembra neanche a Bruxelles».

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