I ticinesi scrivono a Berna
«Mettete il tetto ai frontalieri»

Il Consiglio di Stato presenta la richiesta a Berna. E in Ticino controlli a raffica tra i datori di lavoro

I frontalieri, preziosi ma da contingentare. Così ieri il Consiglio di Stato ha ribadito la richiesta a Berna. «Vogliamo assicurare - si afferma - anche in futuro condizioni quadro attraenti e competitive per imprese che creano benessere e posti di lavoro qualificati, anche per i ticinesi».

L’idea è di estendere appunto i contingenti ai frontalieri, sulla scia del referendum . «Tetti massimi annui - si precisa - andranno definiti non in termini assoluti, ma in maniera dinamica e relativa a oggettivi indicatori che riflettano i bisogni dell’economia e la disponibilità della forza di lavoro indigena».

Completeranno il quadro dati come «la disoccupazione nel settore, il salario mediano, la quota parte di frontalieri... nel rispetto del principio di preferenza agli svizzeri e ai domiciliati».

Scuote il capo Sergio Aureli, dell’Unia. «Ora si parla dei contingenti, ma non funziona così. Questi discorsi si fanno tra Berna e l’Italia, l’Unione europea». La vera partita, secondo Aureli, è il referendum sul salario minimo, il 18 maggio: «Il contingentamento si autoregolerebbe attraverso il mercato. Ci vuole però la coscienza sociale da parte del datore di lavoro».

Non ci crede nemmeno il professor Enrico Lironi: «I contingenti sarebbero un danno per i lavoratori italiani, ma anche per gli svizzeri. Rischiano di farsi del male da soli». Ed è convinto: «Anche il governo federale terrà conto delle voci dell’economia. Se contingentamento sarà, avverrà per livelli molto alti». Ma usare strumenti simili nella querelle con l’Europa è inutile: «Più si chiude la Svizzera, più rischia altre penalizzazioni».

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