Firmato l’accordo fiscale
Frontalieri, cambia soltanto
per i nuovi contratti

L’accordo fra Italia e Svizzera sostituisce quello in vigore dal 1974, ma solo per i contratti che saranno stipulati dopo l’entra in vigore

Ecco l’intesa e, come previsto, ci sarà il doppio binario per differenziare il regime fiscale applicato a chi già lavora oltre frontiera, da quello che invece inciderà sulle buste paga di chi lo farà in futuro. Italia e Svizzera hanno firmato ieri a Roma un nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri e un protocollo che modifica la convenzione per evitare imposizioni a scavalco. Sostituirà quello attualmente in vigore, risalente al 1974.

Coloro i quali entreranno nel mercato del lavoro come frontalieri a partire dalla data di entrata in vigore dell’accordo saranno considerati come nuovi frontalieri.

Quanti lavorano o hanno lavorato nei Cantoni dei Grigioni, del Ticino o del Vallese nel periodo compreso tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del nuovo accordo rientrano nel regime transitorio applicabile agli attuali frontalieri.

Questi continueranno a essere assoggettati a imposizione esclusivamente in Svizzera. La Confederazione verserà fino alla fine del 2033 una compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine pari al 40 per cento dell’imposta alla fonte prelevata. Dopo questa data, la Svizzera conserverà la totalità del gettito fiscale.

L’imposta che lo Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa applicherà sul reddito da lavoro dipendente per i nuovi frontalieri passerà all’80 per cento, contro il 70 per cento previsto inizialmente nel progetto di accordo del 2015.

I nuovi frontalieri saranno assoggettati a imposizione in via ordinaria anche nello Stato di residenza, che eliminerà così la doppia imposizione.

Ieri è stata sottoscritta tra le organizzazioni sindacali confederali, il governo italiano e le associazione dei Comuni di confine, con il fondamentale sostegno delle organizzazioni sindacali svizzere Unia e Ocst, l’intesa che migliora e integra il trattato internazionale raggiunto nella stessa mattinata tra Italia e Svizzera. «Il negoziato di questi mesi ha consentito alle parti di giungere a un punto di equilibrio che passando dalla tassazione esclusiva a quella concorrente e prevenendo il rischio della doppia imposizione, ha introdotto una clausola di salvaguardia per i frontalieri a partire dal 31 dicembre 2018 e fino alla conclusione dell’iter di recepimento con l’entrata in vigore del nuovo accordo, nell’anno successivo all’approvazione dei due Parlamenti - sottolineano i sindacati -. Tale condizione, che determina un requisito soggettivo per tutta la vita lavorativa, estende il mantenimento dei trattamenti attuali anche a coloro che stipuleranno un nuovo rapporto nei prossimi anni fino all’applicazione delle nuove condizioni, superando la previsione dell’accordo del 2015 che, al contrario, lo limitava ai lavoratori in forza al prossimo 31 dicembre».

Il negoziato, secondo i sindacati, ha inoltre permesso che il nuovo trattamento, che andrà a regime successivamente all’entrata in vigore del trattato, possa ridurre sensibilmente le differenze tra i lavoratori e consentire una maggior difesa dei salari medio bassi, attraverso gli impegni assunti per l’innalzamento della franchigia a 10mila euro, la non imponibilità degli assegni familiari e la deducibilità dei contributi obbligatori per i prepensionamenti. Il contesto di una crisi economica conseguenza della pandemia, ha richiesto che il negoziato rafforzasse tanto gli strumenti di tutela per i lavoratori frontalieri in caso di disoccupazione attraverso l’innalzamento della Naspi in relazione alla retribuzione effettivamente percepita, quanto che il governo si assumesse l’impegno sul riconoscimento delle pari condizioni per l’uso sempre più diffuso del lavoro agile.

Il negoziato ha portato alla definizione di un tavolo interministeriale per la definizione dello Statuto dei lavoratori frontalieri che avvierà i propri lavori entro aprile del 2021.

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