«Crisi dei negozi a Morbegno? Serve la forza di dare qualcosa in più»

L’assessore Cornaggia interviene sulle forti difficoltà del settore registrate in città. «Più qualità ma spesso questa disponibilità non la vedo».

Negozi che chiudono, commercio tra alti e bassi in città, quartieri “schivati” dal grande transito, quali le linee per un rilancio. A Morbegno interviene l’assessore comunale alle Attività produttive e Turismo, Massimo Cornaggia. Si riprende un focus e approfondimento avviato sulle pagine del nostro giornale dal presidente dell’associazione Commercio, turismo e servizi mandamentale, Mario Rovagnati. «Su come rilanciare Morbegno – afferma Cornaggia – ha dato una prima risposta il primo referente dei negozianti, una risposta che mi sembra ben articolata all’interno di un ragionamento più complesso». Con Rovagnati si sono messe in luce le problematiche di natura commerciale e turistiche. «Per avere qui più turisti bisogna proporre loro una offerta interessante - un passaggio del pensiero del numero uno dei commercianti locali -. E su questo serve essere ottimisti, sperare che cambiamenti in corso, opportunità alle porte, diano il loro impulso positivo. Per fare turismo serve agire bene, un’altra scelta reale non l’abbiamo, offrire dei centri storici puliti, accoglienti, rendere le nostre qualità un volano»

Quali possono essere le altre direttrici di un ragionamento propositivo? «Va considerata l’economia generale, che chiama in causa una riflessione sulle tendenze e le propensioni di acquisto del consumatore. La vitalità dei nostri negozi – afferma l’assessore Cornaggia - costituisce un tradizionale traino, ma credo serva anche pesare quella che è l’atmosfera generale per chi alimenta indotto. Domandandosi quanta disponibilità di denaro ci sia nelle tasche dei cittadini».

Se i soldi nelle tasche sono pochi, ne consegue che il consumatore si preoccupi di spendere con parsimonia. «E in questo caso, chi ne tra vantaggio è spesso la grande distribuzione che può operare politiche di sconto su vasta scala».

Quali le altre indicazioni da condividere con cittadini e operatori? «Il commercio ha tante anime e volti. Facciamo un esempio. Io scio, un paio di buoni sci li posso comperare su internet, ma se voglio una preparazione adeguata degli attrezzi, so che nella mia città c’è il negozio di un esperto di montagna e sport, che è anche skiman della nazionale azzurra. E una garanzia di competenza di questo tipo, i negozi online non possono darmela. È un esempio, si può estendere ad altri settori». Viene anche da chiedersi se la “colpa” o la ragione di certi cambiamenti non sia un peso da condividere.

«È da condividere, la sfida che propone il cambiamento non si può evitare, ma si affronta, per l’appunto, assieme. Ad esempio, la prima qualità dovrebbe essere la voglia di dare qualcosa in più. E spesso questa disponibilità io non la vedo. Sembra che lo “storico” dei registri dei commercianti, gli antichi fasti, replicati con gli stessi risultati per anni diano sicurezza, anche se ormai non hanno più riscontri nella situazione attuale. Credo si debba cambiare e lavorare insieme. Chi lo fa, i numeri, magari non gli stessi, ma li fa. Servono curiosità e voglia di innovare, ci stiamo lavorando».

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