Bitto e Casera per il turismo, «Un valore inestimabile»

Bilanci e scenari Open day a Milano per il Consorzio di Tutela Valtellina. Il presidente Deghi: «Il nostro obiettivo, l’espansione sul mercato interno»

Un fatturato complessivo di 14,5 milioni di euro in crescita dell’11,1% nel confronto tra 2021 e 2020, circa 25,4 milioni di euro di valore al consumo nel 2021 e 650 addetti impiegati, le due dop Valtellina casera e bitto, sotto l’egida del Consorzio di tutela Valtellina casera e bitto (Ctcb), si preparano a diventare protagoniste anche della riscoperta della montagna attraverso quel turismo fatto sempre più di gusti, sapori ed esperienze.

Mentre il bitto è pronto per l’avvio della stagione produttiva con 52 alpeggi (pari a 11.531 ettari di superficie), tremila bovine da latte, oltre 300 capre, e 10 stagionatori coinvolti nella produzione 2022 nei piccoli caseifici tra i 1.400 e i 2.300 metri di altitudine, e il Valtellina casera dop ha concluso il 60% della sua produzione nei nove mesi invernali in cui le mandrie restano a fondo valle, il Consorzio di tutela fa il punto della situazione.

Il ruolo chiave dei casari

L’occasione per parlare delle due produzioni, fiori all’occhiello del mondo caseario valtellinese, è stato l’open day “Tempo al tempo” organizzato dallo stesso Consorzio il primo giorno dell’estate alla Cascina Cuccagna di Milano.

Un’iniziativa utile per scoprire quanto il tempo influisce sui due formaggi e la capacità di invecchiamento del bitto (fino a 10 anni), stilare un bilancio della produzione del 2021 e ribadire il ruolo chiave dei casari nel mantenimento dei territori e del paesaggio.

«Bitto e Valtellina casera - ha spiegato il neo presidente del Ctcb, Marco Deghi - hanno un valore inestimabile sia per l’indotto che portano in Valle, ma anche sociale e ambientale per il ruolo che svolgono i casari, su un territorio a forte vocazione dop e igp come quello della provincia di Sondrio, nella custodia degli alpeggi, in linea con le richieste della Pac e del Green deal».

Dati alla mano

I numeri del 2021 mostrano una crescita nella produzione di bitto, un numero minore di forme, invece, di casera ma comunque un fatturato in aumento. Complessivamente lo scorso anno sono stati prodotti 17.990 quintali di formaggi (15827 di Valtellina casera e 2163 di bitto) grazie a una filiera che conta 133 allevamenti, 13 caseifici (di cui 6 acquirenti primari/cooperative) e 16 stagionatori per il Valtellina casera, che si sommano agli alpeggi produttori e agli stagionatori del bitto. Sono state 211.029 le forme di Valtellina casera (-7,04% sul 2020) e 17.307 (+3,4%) quelle di bitto marchiate a fuoco dal Consorzio e quindi commercializzate come dop.

«Il risultato del bitto - spiega Deghi - è frutto di uno specifico percorso in atto di valorizzazione del formaggio che stiamo portando avanti dal 2019, con l’introduzione di misure più rigide sul controllo qualità richieste in autoregolamentazione dai produttori. Ora il prodotto è tornato a crescere in quantità e valore, raggiungendo un fatturato di 2,37 milioni di euro con un incremento del 10,4%».

Il casera e il turismo

«Discorso diverso per il casera - prosegue Deghi - la cui contrazione quantitativa (-7%) è stata frutto del surplus produttivo (+20,5%) del 2020, anno in cui l’assenza del turismo, la mancata vendita diretta e l’azzeramento dell’horeca hanno portato il Valtellina Casera a dover “assorbire” la quota latte destinata ai formaggi freschi. Ciò ha comportato una riprogrammazione della produzione 2021 ma senza intaccare il fatturato che oggi si attesta a 12,1 milioni di euro (+11,2%)».

«L’export - conclude il presidente del Ctcb - è per il momento limitato a Svizzera e Germania, con qualche contatto promettente negli Stati Uniti, ma assorbe solo il 2% della produzione. Il nostro obiettivo continua a essere l’espansione sul mercato nazionale nelle grandi città d’Italia, confidando anche nell’ottimo volano che daranno le Olimpiadi sul territorio, anche dal punto di vista del turismo».

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