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Usca Le Unità speciali di continuità assistenziale In provincia di Sondrio sono tre, da novembre operativi anche in Valchiavenna e Alto Lario

Se è febbrile l’attività Covid al Morelli di Sondalo, con 150 pazienti ricoverati a far data venerdì scorso, 11 persone in Terapia intensiva e 24 morti, solo a novembre, la pressione sulla medicina territoriale non è da meno.

A parlare sono i dati riferiti da Ats della Montagna rispetto all’attività condotta, in questi ultimi due mesi, dalle Usca, Unità speciali di continuità assistenziale, formate da un medico ciascuna, che effettua visite al domicilio dei pazienti Covid o sospetti tali. Sono tre, sul nostro territorio, dedicati ad Alta Valle, Media e Bassa Valle, e, dal 1° novembre anche a Valchiavenna ed Alto Lario, e vengono attivate dai medici di medicina generale.

Da ottobre

Ebbene, in soli due mesi, le Usca hanno effettuato 423 uscite, raggiungendo pressoché il monte attività effettuato in primavera, se solo si pensa che, allora, le uscite complessive erano state 436. Con un picco massimo di attività registrato proprio nel corso di questo mese, considerato che le uscite, dal 1° al 12 novembre, sono state 255 contro le 168 di ottobre.

Medici che, ricordiamolo, bardati di tutto punto si recano al domicilio dei sospetti o dei malati per effettuare controlli del loro stato di salute, ma anche per sottoporli a tampone, laddove necessiti, e da pochissimi giorni sono dotati anche della strumentazione portatile per effettuare le ecografie polmonari. Sia al domicilio dei pazienti, sia, in tal caso, presso le strutture protette, Rsa in primis.

Un supporto di cui si avvalgono molti medici di base, soprattutto nelle situazioni a più alto rischio. «In alcuni casi attivo le Usca - precisa Demetrio Viglianisi, da 13 anni medico di base a Sondrio, prima operava a Morbegno -, in altri vado io, direttamente, a visitare il paziente, dipende. In ogni caso si tratta di supporti importanti in questa fase di recrudescenza pandemica».

Connotata da più casi Covid, anche se, secondo il medico, «nel mio caso di gravità, forse, più contenuta che in passato - precisa -, perché ho una ventina di positivi segnalati, ma soprattutto nella fascia fra i 25 e i 40 anni, quindi pazienti con sintomi lievi, e qualche alunno asintomatico. Credo, peraltro, che questo aumento dei casi sia dovuto a una iniziale e generale sottovalutazione del fenomeno, mentre ora i pazienti sono molto più attenti e anche preoccupati. Anche quelli cronici, da me seguiti, non hanno fretta di andare in ospedale per i controlli, anzi, preferiscono aspettare temendo il contagio».

Pressanti le richieste di supporto che giungono al medico sia dai pazienti Covid sia dai cronici. «Si parla di 50-60 messaggi al giorno cui cerco sempre di rispondere, oltre alle telefonate - assicura -. Io cerco di farmi trovare anche nei festivi, perché so che i pazienti sono tesi e preoccupati».

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