Virus: occhio ai primi freddi
Fondamentali i test salivari rapidi

Paolo Spada, chirurgo di Humanitas ed esperto di dati, spiega a che punto è l’epidemia: «La ripresa è lieve, ma non abbassiamo la guardia».

Attenzione al primo freddo. Il tracciamento, sempre più fondamentale. I test salivari, la svolta. Le prossime settimane saranno importanti per capire se l’Italia riuscirà a tenere a bada il coronavirus ed evitare la temuta seconda ondata. Paolo Spada, chirurgo vascolare di Humanitas ed esperto di algoritmi applicati alla sanità, tra i più apprezzati divulgatori in rete con le sue «Pillole di ottimismo», spiega quali sono i dati da tenere sotto controllo, senza l’ansia dell’aggiornamento quotidiano, e i rischi da evitare in questo inizio autunno decisivo.

Dottor Spada, a che punto è l’epidemia?

«Abbiamo avuto un aumento consistente dei casi nella seconda metà di agosto e in queste ultime settimane la crescita è stata graduale fino a all’attuale stabilità. È essenziale tenere d’occhio il rapporto tra nuovi positivi e numero di persone testate. Se questo rapporto rimane costante significa che il contagio è sotto controllo. A luglio avevamo valori inferiori all’uno. Appena è ricominciata la circolazione del virus, ad agosto, quel rapporto ne ha risentito in tutte le regioni. Molto dipende anche dalla capacità di sorveglianza sanitaria. La curva italiana adesso è intorno al 2,5%, che è un valore accettabile. Ovviamente da non superare».

In Lombardia invece cosa dicono i dati?

«In Lombardia l’incremento percentuale dei casi e l’incidenza ogni diecimila abitanti non preoccupano. Siamo in linea con il resto d’Italia. Ci tengo a dirlo: la Lombardia finisce sempre per essere citata a causa del numero assoluto di casi. Ma non dimentichiamo che siamo 10 milioni. Un altro dato importante è la percentuale di occupazione dei letti in terapia intensiva. In altre regioni siamo già oltre il 50% rispetto a marzo, ma è dovuto al fatto che fuori dalla Lombardia l’impatto in quei mesi è stato più contenuto. Complessivamente direi che siamo di fronte a una lieve ripresa tardo estiva, che non deve spaventare. Il vero problema è cosa succederà dopo».

Teme che la scuola possa portare a un aumento dei casi?

«È un’occasione di contagio, senza dubbio. La circolazione virale aumenterà. Ci auguriamo che non sia un fenomeno massiccio e non vada a impattare sulle persone anziane, cosa che ora avviene in modo marginale. È difficile dire dove stiamo andando, lo capiremo nelle prossime settimane. Sarà importante verificare l’età media dei positivi per capire l’impatto sulla popolazione».

Quali altri eventi potrebbero rompere la stabilità che si è creata?

«Non credo che la tornata elettorale inciderà più di tanto. L’arrivo del freddo potrebbe portare a una certa suscettibilità sulla popolazione che in questo momento gode di ore all’aperto e ricambio d’aria. Con l’abbassamento delle temperature si chiudono le finestre e il virus circola di più».

La soluzione lockdown è la più temuta.

«Mi sento di dire che non succederà perché ormai sappiamo che i vantaggi di un lockdown totale sono inferiori rispetto agli svantaggi. Se tornassimo indietro lo faremmo in modo diverso. Nelle nostre province così massacrate ha avuto senso, e ormai è chiaro che sarebbe stato opportuno iniziarlo prima, ma allo stesso tempo non serviva in modo così pesante in regioni come la Sardegna o l’Umbria. Non è escluso che siano necessari mini lockdown. La Spezia, ad esempio, è chiaramente in difficoltà perché il contagio cresce a ritmo sostenuto».

Quanto sarà importante la campagna vaccinale contro l’influenza?

«Moltissimo. Ci aspettiamo una vaccinazione massiccia di tutta la popolazione fragile. Portare tutte le persone più esposte professionalmente e quelle più a rischio alla vaccinazione anti influenzale dovrebbe essere un obiettivo da centrare in tempi rapidi. Avere un’influenza ridotta al minimo dà modo di capire se siamo di fronte al coronavirus oppure no».

A proposito di Lombardia, qui il tracciamento sembra funzionare.

«Sì, anche perché siamo più attenti e sensibili al problema contagio. In Italia ci sono medici riluttanti a chiamare Ats, forse anche perché non sempre i servizi territoriali sono rapidi. E in più molte persone sottovalutano i sintomi anche perché hanno paura della quarantena. A livello nazionale l’Istituto superiore di sanità dice che il tempo mediano tra sintomi e diagnosi si sta allungando di nuovo. Bisogna cercare di mantenere basso questo tempo e convincere tutti i colleghi medici a segnalare il prima possibile i casi sospetti. Guai a sottovalutare pazienti con febbre».

Sono stati annunciati nuovi test salivari rapidi. Possono essere una soluzione?

«Direi che sarebbero un punto di svolta, soprattutto se messi a disposizione in farmacia, accessibili a tutti. I test salivari mettono in condizione di estendere lo screening in modo capillare. Avremo un test magari meno affidabile, che può anche lasciar scappare qualche positivo. Ma può essere sottoposto a un numero molto ampio di persone. Nella classifica delle armi più efficaci, il test salivare viene subito dopo il vaccino».

La pagina “Pillole di ottimismo” ogni giorno dispensa analisi sull’andamento dell’epidemia grazie al contributo di virologi, epidemiologi ed esperti di dati. L’attenzione, oltre che sanitaria, è anche mediatica.

«Purtroppo, quando escono gli aggiornamenti quotidiani, i giornali tendono a buttarsi commentando i numeri assoluti. Sarebbe più efficace un resoconto a cadenza settimanale, anche se so bene che è difficile aspettare. Io dico che anche dal punto di vista mediatico servirebbe uno sforzo di onestà intellettuale per accompagnare il lettore o l’ascoltatore verso un’interpretazione che non sia quella delle ultime 24 ore. Dobbiamo analizzare dove va l’epidemia in modo più distaccato. Senza allarmismi e senza sottovalutazioni». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA