Cronaca / Sondrio e cintura
Sabato 10 Ottobre 2015
Violenza su donne: «Più di 300 casi
alla luce del sole»
Nel 2013 le notizie di reato a quota 75. «È stata determinante la firma del Protocollo d’intesa» .
«Da quando è stato adottato il Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne in provincia di Sondrio, nel giugno dello scorso anno, si è avuta un’emersione del fenomeno senza precedenti e comprovata dall’aumento delle notizie di reato con autore identificato formulate dalla Procura della Repubblica di Sondrio».
Parola di Claudio Gittardi, procuratore capo della Repubblica del Tribunale di Sondrio, e di Luisa Russo, sostituto procuratore del medesimo Tribunale, intervenuti, mercoledì, al seminario di studio sulla “Violenza di genere” organizzato dall’Azienda ospedaliera di Valtellina e Valchiavenna, e tenutosi nell’aula magna dell’ospedale di Sondrio di fronte a una folta platea. L’interesse, al riguardo, si è rivelato talmente alto da rendere impossibile, per esclusivi motivi di spazio, la partecipazione a potenziali interessati.
«Possiamo senz’altro affermare che il lavoro di squadra, la “messa in rete” del fenomeno, sta dando i suoi frutti – ha precisato Luisa Russo – perché il dato sul numero delle notizie di reato con autore identificato, per violenze di genere, formulate dalla nostra Procura sono di molto aumentate nell’ultimo anno. Se, infatti, dal 1° giugno del 2013 al 1° giugno del 2014 avevamo emesso 109 notizie di reato, dal giugno del 2014 al 5 ottobre scorso, abbiamo contato 341 notizie di reato emesse. Quindi, di dato triplicato si tratta, indicatore chiaro di quanto sia importante fare squadra su un tema così delicato e complesso. Aggiungo, per completezza, che le notizie di reato emesse dal 1° gennaio al 31 dicembre 2013 erano state 75, contro le 244 emesse dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014 (quando, già, il Protocollo era attivo da sei mesi), e 308 quelle emesse dal 1° gennaio scorso al 5 ottobre, ultimo giorno utile di rilevazione per poter portare dati certi in questa sede».
Questo è il quadro fornito dalla Procura della Repubblica di Sondrio rispetto ai procedimenti penali in essere in provincia di Sondrio per violenza di genere, intendendosi, come tale, quella fisica, che si esplicita in maltrattamenti, quella sessuale, che contempla molestie, stupri e sfruttamento, quella economica, che consiste in negazione dell’accesso alle risorse economiche della famiglia, e quella psicologica, che importa la negazione del sé.
Molteplici aspetti, quindi, della violenza di genere, sui quali si è soffermata Alessandra Kustermann, responsabile scientifico del seminario, direttore del pronto soccorso ostetrico-ginecologico della Fondazione Irccs Cà Granda di Milano, intervenuta in tandem con le sue strette collaboratrici, Laila Micci, psicologa del “Soccorso violenza sessuale e domestica” della medesima Fondazione, e Francesca Motta, ginecologa del pronto soccorso ostetrico-ginecologico della Fondazione.
Medici in prima linea su questo fronte caldissimo, se solo si considera che, «ogni anno, in Italia, - hanno ricordato, ed è riportato anche sul Protocollo d’intesa provinciale – vengono uccise, mediamente, 100 donne, sono un milione e 150mila quelle fra i 16 e i 70 anni che hanno subito violenza, sono sei milioni e 743mila quelle che, nel corso della loro vita, hanno subito una violenza fisica o sessuale, e sono due milioni e 77mila quelle che hanno subito comportamenti persecutori, tipo stalking.
Il tutto, considerato che, il sommerso, ancora impera, in quanto, all’interno delle relazioni di coppia, le violenze non denunciate rasentano il 93% dei casi». Si intuisce, quindi, l’importanza e l’urgenza di non lasciare nulla di intentato per scandagliare, conoscere, approfondire il fenomeno, ai fini di opporvi un efficace contrasto. Fondamentale, al riguardo, la stretta sinergia fra le forze dell’ordine, coordinate dalla Procura, e gli operatori sanitari e socio sanitari, ben evidenziata dal procuratore Gittardi e dal sostituto Russo.
«È importante che gli operatori sanitari dei pronto soccorso e dei punti di primo intervento – ha chiarito Russo – che, magari, primi entrano in contatto con la vittima, ne raccolgano il racconto e la sottopongano ad una visita la più accurata possibile, stendendo, poi, un referto, analogamente, il più completo ed esaustivo, dotato anche di corredo fotografico. È importante, al riguardo, sia chiaro, non assumere comportamenti polizieschi, certamente non richiesti agli operatori sanitari, anzi, del tutto fuori luogo, eppure esplicitare sul referto lo stato reale, come appare, della vittima, indicando anche ciò che non dice, ciò che non succede».
«Alle volte – ha aggiunto Gittardi -, nella mia carriera (Gittardi è a Sondrio solo dal giugno scorso, nda) mi sono capitati referti redatti in modo troppo sintetico, al limite del burocratico, e questo non è un bene per l’efficacia delle indagini. Perché se non si chiede al medico di “indagare”, si chiede, però, di essere puntuale nella refertazione dello stato della vittima».
Ciò che è di fondamentale importanza per il proseguo delle indagini «perché, poi - ha precisato Russo –, noi lavoriamo solo sulle carte, consegnando al consulente la copia della cartella sanitaria dotata di fotografie. E più il lavoro di refertazione è accurato, più ciò avvantaggia la vittima e gli inquirenti, in quanto, la prima, non verrà risottoposta ad ulteriori, per lei devastanti, visite, e i secondi eviteranno di incorrere, durante il dibattimento, in eccezioni di inutilizzabilità delle prove raccolte, ciò che può capitare, soprattutto, in casi di manipolazione accidentale delle stesse, e che inficia tutto il duro lavoro investigativo».
È evidente che camminiamo sulla lama del rasoio e, in simili circostanze, il minimo errore, da parte di una singola maglia della “rete” antiviolenza, mina l’esito finale.
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