«Valfurva, la variante della provinciale si potrà fare»

Il geologo Azzola: «Ci sono margini per spostare l’attuale sede stradale e per fare i lavori in sicurezza».

«La strada si può sicuramente spostare di alcuni metri, realizzando una variante più vicina al torrente Frodolfo, in modo da allontanarsi maggiormente dalla montagna, ma soprattutto da poter sfruttare parte della attuale sede stradale per aumentare il terrapieno ed elevarlo ulteriormente». Nessun dubbio sulla fattibilità delle opere secondo il geologo Maurizio Azzola, che sta eseguendo i rilievi nella zona del Ruinon e che ieri era a Valfurva insieme a Luca Nesina, topografo dello studio di ingegneria “Salvetti Graneroli” di Sondrio.

Il geologo ha avuto l’incarico da Palazzo Muzio di valutare soluzioni alternative per il ripristino, quando prima, della viabilità provinciale. Un incarico dato da pochi giorni, ma a un esperto che ben conosce la zona e, nello specifico, il Ruinon. Già nell’84 aveva fatto – per conto della Comunità montana – uno studio geologico: allora la strada era stata parzialmente ostruita da materiale proveniente dalla frana, mentre numerosi blocchi erano stati fermati dalla fascia di bosco ad alto fusto esistente a monte. Oggi come allora la sua convinzione è che fondamentale per “frenare” i movimenti franosi sia ridurre la presenza di acqua, principale motore del fenomeno, raccogliendola (in particolare quella del torrente Confinale che a un certo punto “sparisce” inghiottito dal terreno) a monte della frana.

Lo ripete da anni. E finalmente ora l’intervento si farà, visto che è una delle opere di primo intervento già finanziate da Regione Lombardia. Ma intanto c’è una strada da mettere in sicurezza, per porre fine al semi-isolamento di Santa Caterina.

Obiettivo, lo ha ribadito a più riprese la Provincia, è riaprire la strada entro l’autunno, in tempo per l’inizio della stagione turistica invernale. «Ero già stato nella zona nei giorni scorsi e ho fatto ulteriori voli con un drone – spiega Azzola - per verificare la situazione in nicchia e permettere al topografo di fare i rilievi. Grazie a tecniche sofisticate e all’uso di un laser scanner, che in una decina di minuti batte un milione di punti topografici, saremo in grado di avere nel giro di pochissimo tempo una fotografia precisa della zona e si potrà procedere con la progettazione della variante».

Scartata l’ipotesi iniziale di realizzare il bypass andando oltre il torrente Frodolfo, sia per questioni di tempi che di difficoltà geologica, si lavora ora con l’idea di spostare di pochi metri la sede stradale, utilizzando peraltro una tecnica di cantiere che permetterà di lavorare molto in fretta e in sicurezza. «Possiamo sfruttare, parte della sede stradale attuale – spiega Azzola - per aumentare il terrapieno ed elevarlo ulteriormente: in questo modo per fare il bypass possiamo partire da Bormio e Valfurva con due squadre in contemporanea, riducendo i tempi. Man mano che si procede col terrapieno ci pariamo le spalle da eventuali cadute di materiale e, in caso di problemi, è sufficiente arretrare i mezzi di pochi metri per essere in zona già protetta. Usare reti paramassi sarebbe più complicato e richiederebbe tempi molto più lunghi».

Già, perché l’obiettivo è quello di fare il prima possibile garantire il collegamento in tempo utile per salvare la stagione turistica invernale e – ovviamente – scongiurare l’isolamento di Santa Caterina quando il Passo del Gavia verrà chiuso. Certo è che ora le condizioni del Ruinon sono di elevata criticità. I bollettini del centro di monitoraggio della Regione parlano chiaro. E chi lavora nella zona lo conferma: i rumori di rotolamento di sassi sono frequenti.

«Ovviamente per avvicinarci alla frana ci teniamo costantemente in contatto con Arpa – spiega Azzola -. Non solo. Per il mio lavoro posso contare anche sui tanti volontari, come Mirco Giacomelli, preziosissimo in questi giorni, che dal versante opposto controllano visivamente la situazione e segnalando i movimenti, così da evitare rischi. La collaborazione di tutti in questo momento è fondamentale. A vederlo oggi il Ruinon, in una giornata bellissima, andresti a farci un picnic, ma i movimenti ci sono. L’acqua a monte è diminuita e speriamo si vada verso una stabilizzazione del versante. Certo però per partire con le opere devono prima eliminare i grossi massi a rischio crollo». Comunicazioni sulla tempistica dalla Comunità montana – che dovrà occuparsene – al momento però non ce ne sono. Né c’è conferma che sia possibile far brillare – in queste condizioni – i massi.

«Se anche non fosse possibile, al giorno d’oggi ci sono diverse tecniche che si potrebbero adottare in alternativa al brillamento – conclude Azzola, senza alcuno spirito polemico ma giusto per dare un quadro della situazione -. Ci sono speciali “cuscini”, che si gonfiano ad aria, che potrebbero essere usati per il disgavvio, visto che sono in grado di sollevare o spingere fino a 80 tonnellate. Oppure si può mandare nei punti più pericolosi l’elicottero a scaricare benne d’acqua per eliminare il materiale più pericolante e consentire di avvicinarsi ai massi in condizioni di maggiore sicurezza». Insomma, le soluzioni non mancano ma intanto il tempo scorre e l’autunno si avvicina.

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