Uccisione di don Roberto
Omicida ammette il delitto,
temeva il rimpatrio

Tunisino, 53 anni, senza permesso di soggiorno dal 2014. Il sacerdote aggredito mentre stava preparando il servizio delle prime colazioni ai senzatetto

La Panda grigia con il necessario per servire le prime colazioni ai senza tetto è ancora lì ferma, sotto casa. Il lavoro di don Roberto Malgesini, 51 anni, valtellinese di Cosio, «prete degli ultimi» per incarico pastorale e vocazione personale, iniziava ogni mattina così. Da piazza San Rocco, il primo borgo che si incontra scendendo a Como, una fila di case a ringhiera ormai abitate prevalentemente da immigrati. E proprio lì, sotto il suo alloggio a fianco della chiesa, don Roberto è stato ucciso a coltellate alle 7 da un tunisino di 53 anni, in Italia dal 1993, senza permesso di soggiorno dal 2014, da quando si era separato dalla moglie italiana. Alle spalle ha precedenti penali (condanne definitive per estorsione e maltrattamenti in famiglia) e due provvedimenti di espulsione. Il primo in sospeso perché impugnato, il secondo non eseguito per via del blocco aereo causa Covid. Una persona “con problemi psichici» ha specificato la diocesi, confermando le testimonianze di chi lo frequentava, anche se i disturbi non risultano da certificati medici. Un disperato, che aveva trovato ospitalità nel dormitorio di una parrocchia, a Sant’Orsola.

Don Roberto conosceva da tempo il tunisino, anzi, erano in buoni rapporti, lo aveva più volte aiutato, per cui appare ancora più difficile decifrare che cosa sia potuto accadere.

Il sacerdote è stato colpito da più coltellate, quella letale è stata inferta al collo, ed è stramazzato al suolo nella piazzetta. Le urla hanno attirato gente, sono stati chiamati i soccorsi, ma per il sacerdote non c’era ormai più nulla da fare.

L’assassino ha lasciato il coltello nell’aiuola a fianco e a piedi, sanguinante, è andato a costituirsi dai carabinieri, 400 metri più in là, lasciando dietro di sé una scia di gocce di sangue. E stato arrestato in flagranza per omicidio. L’inchiesta è condotta dal pm Massimo Astori, lo stesso che della strage di Erba.

In piazza San Rocco si è subito raccolta una folla commossa.

Di parrocchiani e di senzatetto, italiani e stranieri. Sono anche arrivati i ragazzi che aspettavano don Roberto per il giro delle prime colazioni, e che non lo hanno visto arrivare. E non sono mancate le polemiche politiche fra chi, come la Lega, chiede basta immigrazione (”ucciso a coltellate da uno dei troppi immigrati clandestini che sono irregolarmente in questo paese e invece dovrebbero essere spediti a casa loro» ha commentato Salvini) e chi come don Virginio Colmegna della Casa della Carità rilancia sul bisogno di non lasciare i più fragili “abbandonati per strada».

Il vescovo Oscar Cantoni, in lacrime, ha benedetto la salma prima che fosse caricata sul feretro esprimendo «sgomento, dolore ma anche orgoglio per un sacerdote che ha donato la vita a Gesù per gli ultimi. Un Santo della porta accanto per l’amorevolezza e l’aiuto che ha dato a tutti in questa città che ha tanto bisogno di solidarietà». Un velato riferimento al clima che ormai da qualche anno si respira a Como, in particolare dopo l’emergenza del 2016 che portò migliaia di immigrati a fermarsi in città per la chiusura delle frontiere.

L’omicida di don Roberto Malgesini, sentito questo pomeriggio in questura con le garanzie della difesa, «ha ammesso le proprie responsabilità in ordine all’omicidio e ne ha descritto dinamica e movente, quest’ultimo, allo stato, esclusivamente riconducibile al convincimento di essere una vittima di un complotto che ne avrebbe determinato il rimpatrio in Tunisia». Lo scrive in una nota il procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente.

«Non sono emersi - prosegue la nota - allo stato coinvolgimenti dell’indagato in percorsi di radicalizzazione. Sulla base degli elementi acquisiti, la Procura provvederà nelle prossime ore a formalizzare una richiesta di convalida dell’arresto per omicidio volontario».

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