Cronaca / Sondrio e cintura
Martedì 02 Agosto 2016
Troppi incidenti: «In montagna
non basta il Gps»
Rebai, soccorso alpino: «Serve più prudenza e non bisogna sopravvalutare le proprie capacità». «Quel che manca è l’allenamento. Oggi si improvvisa».
«Per frequentare la montagna in sicurezza bisogna averne rispetto, timore reverenziale». Parola di Valerio Rebai, delegato provinciale del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico per la Valtellina e Valchiavenna.
Da settimane ormai, come ogni estate, si susseguono quotidianamente interventi che chiamano in causa le squadre dei soccorritori (ricerche dispersi in montagna, malori, infortuni in quota). Impegnati sul nostro territorio sono 320 volontari, divisi in dieci stazioni e attivati dalla centrale operativa che risponde al numero di emergenza 112.
Ancora presto per tracciare un primo bilancio della stagione, ma un appello alla prudenza quello sì, è già il caso di farlo. «Il numero di interventi è in linea con lo scorso anno per quanto riguarda la casistica tipica di questa stagione ( i dati del 2015 sono riportati nell’infografico a lato, nda) - spiega Rebai -. L’aumento di richieste di soccorso in queste ultime settimane è per così dire fisiologico, visto il numero di persone che per escursioni o sport frequentano la montagna. I consigli che diamo ogni anno per evitare tragedie sono semplici, ma troppo spesso sottovalutati. La gente fatica a capire che attrezzature all’avanguardia e Gps non ci rendono onnipotenti».
«All’origine dei numerosi incidenti spesso c’é l’imprudenza - aggiunge -, ma anche il fatto che rispetto al passato è aumentata la frequenza della montagna per attività sportive e questo aumenta i rischi. Spesso sono sopravvalutate le capacità e altre volte capita l’imprevisto».
Ma c’è un altro aspetto che emerge prendendo in esame gli interventi di soccorso in montagna. «Tutti ci troviamo a fare i conti con i giorni di ferie e la gente approfitta del poco tempo libero per dedicarsi alle proprie passioni, alpinismo compreso. Così, pur di non rinunciare a un’escursione nel poco tempo libero, c’è chi azzarda qualcosa un più. Una scelta che a volta può costare cara...».
Ed ecco allora gli escursionisti bloccati in quota dal maltempo o gli infortuni per il terreno reso particolarmente scivoloso dalle piogge.
«Rispetto agli anni passati mancano al momento gli interventi per soccorrere cercatori di funghi - aggiunge Rebai -, non perché si sia più prudenti però, ma semplicemente perché ancora ce ne sono pochi di porcini in giro... Quello dei cercatori di funghi è uno dei tasti dolenti dalle nostre parti. Negli ultimi anni abbiamo viaggiato purtroppo al ritmo di 6-10 persone morte ogni estate mentre si avventuravano nei boschi... Si tratta di una attività spesso sottovalutata e praticata da tantissime persone, anche in età avanzata, con tutti i rischi connessi».
Ma c’è un altro aspetto sul quale il delegato provinciale del Soccorso alpino insiste e cioè che in montagna bisogna procedere per gradi. «Un fattore che negli ultimi 20 anni ha portato ad avere un numero crescente di infortuni sui sentieri è il fatto che la gente si muove sui percorsi sconnessi ormai solo nei week end e non è più abituata a farlo - spiega -. Non c’é più l’allenamento alla frequenza della montagna. Non è solo questione di attrezzature: tanta gente con scarponi perfetti spesso la riportiamo a valle sulle barelle. Non bisogna fidarsi solo delle attrezzature perché la differenza la fa l’abitudine al territorio, al movimento. Non basta andare su internet, scaricare una app e comprare attrezzature supertecnologiche. L’esperienza si fa poco alla volta e timorati della montagna. Quando ho iniziato io ad andarci si faceva tutto lentamente. Non avevamo internet. C’erano le prime guide. Ora c’è uno scambio dati e informazioni in tempo reale, ma la montagna ha bisogno di tempo per maturare esperienza».
E l’esperienza è fondamentale per non incorrere in infortuni che a volte possono avere conseguenze drammatiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA