Ticino, cacciano gli italiani
Poi li fanno lavorare

I leader della Lega dei Ticinesi, dell’Unione Democratica di Centro, in prima fila nella battaglia sul referendum anti stranieri non hanno lesinato, tra il 2011 ed il 2012, ad impiegare una categoria, quella dei “padroncini”, d’oltreconfine

Vizi privati e pubbliche virtù della destra del Canton Ticino. La stessa che, giusto un mese fa, con una campagna battente contro i frontalieri italiani, riuscì a far passare, con oltre il 68 per cento dei voti, il referendum anti-stranieri tenutosi in Svizzera. Oggi i leader della Lega dei Ticinesi, dell’Unione Democratica di Centro, ma anche alcuni Comuni da loro amministrati si ritrovano tra coloro che non hanno lesinato, tra il 2011 ed il 2012, ad impiegare una categoria, quella dei “padroncini”, sempre italiani ovviamente, altrettanto demonizzati dei frontalieri.

Questi piccoli artigiani, che vengono da oltre confine ad effettuare lavori a metà prezzo, sono stati assoldati, secondo quanto rivela il settimanale elvetico Il Caffè, dalla società Bilsa del leader della Lega dei Ticinesi, Attilio Bignasca, “per posare delle piastrelle nel Comune di Morbio”. “Proprio quel Bignasca -denuncia il Caffè -che dalle pagine del giornale del suo movimento invita i lettori a un safari fotografico a caccia di padroncini”. Con il risultato che, nel Canton Ticino, basta guidare un furgoncino con targa italiana, per correre il rischio di finire nella carrellata fotografica del giornale leghista.

Ma a utilizzare i padroncini è stato anche un altro noto leghista, Michele Barra, oggi scomparso, per pochi mesi ministro dell’Ambiente del Canton Ticino. A sue spese Barra effettuò, tra l’altro, uno studio sull’impatto negativo degli artigiani italiani sull’economia ticinese. Il che non gli impedì, nel 2011 e nel 2012, di ricorrere alle loro prestazioni per la sua impresa edile.

Nell’elenco di 628 pagine dei fruitori dei servizi dei “padroncini” figura pure uno psichiatra, Orlando Del Don, che contro quella categoria di piccoli imprenditori ha il dente più che avvelenato. Eppure Del Don, deputato al Parlamento ticinese per l’Unione Democratica di centro (ovvero il partito che ha lanciato e vinto il referendum del 9 febbraio), “per il montaggio di pareti mobili e lavori urgenti sulle linee telefoniche della sua clinica diurna si è affidato a due imprese “italiote” - per usare il termine sprezzante utilizzato dal suo partito e dalla Lega. Pure nel Comune di Chiasso, dove impera un’altra personalità legista, Roberta Pantani, assessore e Deputata al Parlamento federale, si è ricorso ai “padroncini” per la manutenzione del campo di bocce. Sempre la Pantani, titolare di una ditta di pavimentazioni stradali, sarebbe ricorsa a degli asfaltatori italiani per dei lavori a Lugano. E dire che ieri, proprio per rendere omaggio al patriottismo ticinese, è sceso, da Zurigo Christoph Blocher, leader carismatico della destra svizzera. Chissà se è al corrente della doppia morale di questi svizzeri del sud.

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