Sondrio, fare squadra per combattere la droga

Ieri mattina all’auditorium Torelli gli studenti della Ligari per il progetto “Io non ci casco”. Protagoniste le testimonianze di giovani capaci di realizzare i loro sogni senza cascare nella rete della dipendenza.

Atmosfera da stadio all’auditorium Torelli di Sondrio gremito dagli studenti della media Ligari per il progetto “Io non ci casco”, volto a sensibilizzare le nuove generazioni sulle conseguenze dell’uso e abuso di fumo, alcol e droga. A fare gli onori di casa dopo l’esordio di Francesca Peroni presidente del consiglio d’istituto, la dirigente del “Sondrio centro”, Ombretta Meago, che ha lanciato il suo messaggio forte e chiaro inciso su uno zainetto ligariano azzurro cielo: “Work hard, dream big”, lavorare duro per realizzare un grande sogno. E per questo mai mollare. A fare da trait d’union tra i vari interventi Michele Diasio, assessore allo Sport del Comune. Presente alla manifestazione il prefetto Paola Spena che si è rivolta a cuore aperto alla vasta platea di ragazzi: «Tutti noi con le Forze dell’ordine siamo vostri amici pronti a consigliarvi. Stamattina lo facciamo tramite le testimonianze di giovani che si sono distinti nel mondo sportivo, modelli di vita per voi perché hanno realizzato i loro sogni senza cascare nella rete dell’alcol o della droga».

Come un pugno allo stomaco il racconto filmato di Anna, ex tossicodipendente a 15 anni che ce l’ha fatta ad uscire dalla dipendenza grazie all’aiuto di una grande rete. «Quella sera lì volevo quasi lasciarmi morire - ha detto -, ma penso che a volte le parole possano salvare». «Alcol e droga: un cocktail micidiale per lo sballo del sabato sera, ma il divertimento non è lo sballo se ci si ritrova alla guida annebbiata nel cuore della notte o a lanciare sassi dal cavalcavia o camminare sui binari sfidando la morte», ha esordito lo psichiatra Claudio Marcassoli mettendo in guardia i giovani contro le conseguenze anche della cannabis mostrando gli effetti devastanti dell’uso di stupefacenti sul cervello. «Le droghe fanno tutte male perché si entra in un percorso criminale che finanzia la malavita» ha spiegato il maggiore dei carabinieri Rocco Taurasi.

È salito poi in cattedra il vicequestore Carlo Bartelli, che è entrato nelle strette maglie dello spaccio: «Occorre informare i giovani sulle conseguenze fisiche e psichiche delle droghe sintetizzate clandestinamente in laboratori fatiscenti, senza alcuna regola di sicurezza, “tagliate” con chissà quali sostanze tossiche da persone senza scrupoli, che rappresentano un mercato in forte sviluppo con forti disponibilità economiche. Anche voi siete importanti nella battaglia contro la droga, segnalando con la nuova app della polizia “You Pol” atti di bullismo o spaccio di stupefacenti».

Il delegato dei giovani della Cri, Luca Conte, ha detto: «Scoprite il vostro talento e coltivatelo con dedizione e passione senza paura di affrontare sacrifici». Commento a caldo su un video sugli atleti disabili, quello di Sandro Vanoi, autorevole luminare del mondo sportivo, che ha stigmatizzato eventi gloriosi che avevano alla base incidenti stradali dovuti ad abuso di alcol o droghe, in cui l’attività agonistica ha rappresentato una rinascita.

«Fate lo sport che vi piace e che vi diverte. Non è necessario giungere all’agonismo perché non tutti possono raggiungere determinati obiettivi, ma voi date il massimo di voi stessi, sempre, prendendoci il tempo che ci vuole, e fate squadra perché dietro la vittoria di un singolo atleta spesso c’è tutto un lavoro d’équipe. Sappiate scegliere tra l’emarginazione della droga e l’integrazione gioiosa dello sport. Le regole non sono nemiche. Occorre avere fiducia nel gruppo e nell’allenatore, proprio come noi ne abbiamo in voi. Continuate così», è stato l’appello finale di Vanoi.

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