Sci, parla il ministro
«Il problema è fuori
Non sulle piste»

De Micheli: «Ancora troppi i contagi. Rischiamo di dover fare un terzo lockdown a gennaio». Gritti (artigiani): «Così l’indotto è a rischio collasso»

«Nessun atteggiamento punitivo nei confronti degli operatori che sappiamo avere e aver già dimostrato un grandissimo senso di responsabilità. La questione va oltre l’atto sportivo in sé. Semplicemente non ci sono le condizioni sanitarie e di sicurezza per consentire la vita relazionale tipica di chi decide di fare una vacanza sulla neve».

Dopo le parole di Francesco Boccia, ministro agli Affari regionali che giovedì nella riunione con le Regioni ha spento gli entusiasmi di chi ancora sperava di veder gli impianti di risalita aperti per Natale, arrivano anche quelle della collega alle Infrastrutture e trasporti Paola De Micheli a confermare l’avvio della stagione non prima di gennaio.

Nessuna volontà punitiva

De Micheli ospite a distanza della segreteria provinciale del Partito democratico ha voluto chiarire il quadro entro cui si muove il ragionamento del Governo, sgombrando il campo da qualsiasi dubbio su supposte volontà punitive nei confronti di un settore e di un territorio, quello alpino appunto, il cui valore è conosciuto e riconosciuto.

«Sono praticamente cresciuta a Chiesa Valmalenco - ha confessato De Micheli, piacentina di nascita -: dai 6 ai 20 anni ho trascorso le mie vacanze estive e invernali, con la parrocchia del mio paese, a Primolo. Conosco bene le vostre montagne a cui sono legata da grande affetto. I nostri sacerdoti ci facevano scalare le montagne, lo Scalino, il Bernina. Conosco la realtà alpina. Quest’anno avrei voluto portare mio figlio a sciare per la prima volta: dovrò rinunciare». La questione non è evidentemente legata allo sci in sé, alle discese in pista ha chiarito il ministro, quanto piuttosto a tutte le attività che vi ruotano intorno e che rischiano di essere pericolose in un momento in cui la curva dei contagi è sì calante, ma non al punto da garantire condizioni sanitarie e organizzative sicure.

«Almeno fino a gennaio inoltrato non se ne parla - dice De Micheli - e comunque bisognerà vedere come sarà l’evoluzione del virus tra dicembre e gennaio. Ripeto. Sappiamo che c’è un grandissimo livello di responsabilità tra gli operatori, che il settore ha sempre rispettato le condizioni poste dal Governo. Il punto non è questo. Consentire gli spostamenti, la vita sociale collegata ad una vita vacanziera di questo tipo in un momento come questo evidentemente porta a a un rischio che peraltro abbiamo visto realizzarsi quest’estate. E lì eravamo all’aperto. E dunque le condizioni sanitarie al momento non consentono un’immediato avvio della stagione sciistica. Teniamo botta fino a gennaio, nel frattempo il Governo tratterà queste imprese come tutte quelle che hanno dovuto chiudere a causa del Covid».

Che significa ristori adeguati. Gli stessi che chiedono unitariamente Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Savt anche per i lavoratori stagionali che rappresentano un terzo del totale dei lavoratori impiegati nel settore degli impianti a fune. Intanto però sulla non apertura degli impianti interviene anche Confartigianato Sondrio che per tramite del suo presidente Gionni Gritti ne parla come di «una disgrazia economica per chi vive e lavora in montagna».

«Nella nostra provincia, ma non è l’unica nel Nord Italia - chiarisce Gritti - ci sono stazioni sciistiche che non possono permettersi di non aprire almeno a metà dicembre. Per taluni lo sci è solo uno sport mentre per alcuni territori lo sci e tutto quel che gli ruota attorno si traduce in lavoro ed economia». Un questione che secondo gli Artigiani non è stata ben compresa dall’esecutivo. «Attorno alle stazioni sciistiche - prosegue Gritti - ruota un indotto di piccole imprese artigiane che operano nei più svariati settori: impiantistica, servizi, alimentare. Non aprire la stagione sciistica significa mettere in ginocchio questi territori con il rischio di pregiudicare non solo una stagione turistica, ma anche il futuro di buona parte dell’economia locale».

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