«Provo sgomento e sorpresa, ma salvo il sistema sanitario»

L’arresto e lo choc nella Lega. Ugo Parolo conosce bene Rizzi: «Posso solo testimoniare il suo grande impegno. La riforma è valida, non si può però far finta di nulla».

«Il sistema sanitario lombardo non va messo in croce per quanto accaduto, con l’arresto, fra gli altri, di Fabio Rizzi, perché la nostra sanità è e resta efficiente, di qualità e meno costosa che in altre regioni, ma, tuttavia, non è sarebbe neppure corretto far finta che nulla sia successo».

Parola di Ugo Parolo, sottosegretario ai rapporti col Consiglio regionale, di Eusalp e 4 motori Europa, oltre che alle Politiche per la montagna, che stanno, a tutti noi, parecchio a cuore.

E che stavano a cuore pure a Fabio Rizzi, 49 anni, di formazione medico anestesista rianimatore e, come tale, in servizio anche in dentro le strutture dell’Azienda ospedaliera di Valtellina e Valchiavenna, nei primi anni 2000. Realtà montana che, quindi, conosceva bene e per la quale si è speso parecchio anche nella veste di uomo politico della Lega Nord e, in primis, di presidente della III Commissione Sanità in cui ha preso forma la legge di “evoluzione del sistema socio sanitario lombardo” entrata in vigore il 1° gennaio scorso.

«Tutti noi, che abbiamo avuto modo di conoscere Rizzi - assicura Parolo -, possiamo testimoniare del suo grande impegno rispetto alla partita della riforma, unitamente alla sua grande capacità in materia di sanità, tale da meritarsi la fiducia totale del presidente regionale Maroni. Per cui cosa posso dire? Esprimo sgomento di fronte a quanto appreso - aggiunge -, proprio perché conosco Rizzi ed è esattamente l’ultima persona di cui mi sarei aspettato di dover apprendere quanto appreso. Certo, va detto che è tutto da dimostrare, ovvio, e noi speriamo che la matassa si dipani e la questione rientri, però non si può neanche liquidare il tutto come un fatto opinabile, proprio perché, stavolta, la Procura sembra avere in mano elementi concreti». Il timore, di Parolo e di tutti i componenti la maggioranza regionale, soprattutto di quella in quota Lega Nord, è che il dramma diventi politico, tale, cioè, da coinvolgere tutto il sistema di gestione politico-amministrativa lombarda attuale.

«Non è così - insiste Parolo -. Cominciamo col dire che noi possiamo pure fare tutte le regole che vogliamo, ma poi queste camminano sulle gambe degli uomini, e c’è chi le applica e chi no. Stiamo al punto, e cerchiamo di non demonizzare la nostra sanità, nel suo complesso, e la riforma sanitaria in essere, perché sarebbe sbagliato e deleterio. Dopodiché la magistratura farà il suo corso e se verranno accertate responsabilità, ciascuno si assumerà le proprie».

È evidente, dal “Parolo-pensiero”, quanto sia stata tesa, nella giornata di ieri, la situazione dentro il Consiglio regionale e nelle fila del partito. Di un colpo al cuore dell’amministrazione regionale di Maroni, del resto, si è trattato, perché Fabio Rizzi era un fedelissimo del governatore, uno da prima linea, sprofondato, da mesi, per non dire da anni, in una riforma in cui appariva credere fino in fondo. E per la quale si è speso senza riserve e con attenzione al territorio, compreso quello della provincia di Sondrio.

Risale al settembre del 2013, quando ancora era in carica Massimo Sertori, presidente della Provincia, e Giuliano Pradella, “delegato” alla Sanità, il suo primo “giro” interlocutorio con la segreteria provinciale della Lega Nord, interpellata in tema di riforma della sanità futura.

Poi, a novembre, si era tenuto il convegno delle Acli, in tema di sanità di montagna, al quale era stato invitato anche Rizzi, che non aveva mancato di portare il suo chiaro contributo al riguardo. Dopodiché il progetto di riforma ha preso sempre più corpo fino a materializzarsi nella bozza adottata in giunta il 24 dicembre del 2014, di cui Rizzi andava orgoglioso e che conteneva, per la prima volta, esplicito riferimento alla sanità di montagna. Non è stato, però, quello, l’ultimo atto, perché la sanità è materia talmente delicata e difficile da dover superare diverse “forche caudine”. Alla fine il pallino l’ha preso in mano Maroni, che, ora, è solo nel condurre in porto la “nave” della riforma.

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