Poche protezioni
«E i frontalieri si contagiano»

La denuncia dei sindaci di confine. Iacomella: «Cosi non ne usciamo più».

«Dieci giorni fa la maggior parte dei contagi erano legati al mondo della scuola, soprattutto nonni che avevano contratto il Covid dai nipoti che curavano nel dopo scuola, oggi, a parte il parco operatori sanitari, che incide, è il mondo del frontalierato a farla da padrone. Ora due contagi su tre sono legati a lavoratori frontalieri. E penso che, di questo passo, non ne usciamo più».

Parola di Omar Iacomella, sindaco di Piuro, che, almeno da una settimana a questa parte rileva la recrudescenza del fenomeno Covid legato a questa fascia di lavoratori e ai loro contatti stretti, per lo più famigliari.

«D’altronde è inevitabile, tenuto conto che in Bregaglia e in Engadina non sono state introdotte chiusure - dice -. L’approccio al problema è completamente diverso e, tra l’altro, continuo a vedere lavoratori che viaggiano su pulmini da sei-nove posti... Come si fa a non contagiarsi? D’obbligo sarebbe tenere la mascherina anche durante il viaggio, per tamponare, almeno un poco, la situazione».

Una volta accertato il contagio di questi lavoratori, tramite tampone effettuato, di norma, nei centri deputati di Soglio o di Samaden (per la regione del Maloja), scatta l’isolamento di dieci giorni al proprio domicilio, dopodichè, diversamente da quanto accade da noi, il lavoratore può tornare a lavorare in Svizzera senza obbligo di tampone di controllo, sempre che, ovvio, non presenti sintomii.

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