Piromani per far pascolare le capre: 2 anni

GarzenoPadre e figlio di Germasino condannati in udienza preliminare per un rogo appiccato il 27 aprile 2018 Lasciavano le candele nei campi per appiccare l’incendio. Ma sono stati incastrati dai video della Forestale

Hanno appiccato un incendio sulle montagne dell’alto lago per poter rinnovare più velocemente il pascolo per le loro capre.

Il giudice delle udienze preliminari Laura De Gregorio ha condannato a due anni di reclusione - pena sospesa con i benefici della condizionale - Giancarlo Albini e Ivan Albini, rispettivamente di 63 e di 33 anni, padre e figlio, entrambi residenti a Germasino. Secondo il giudice i due, nella primavera di due anni fa, avrebbero dato fuoco ai prati di montagna sopra Garzeno, nei giorni in cui i roghi in alto lago avevano creato non poco allarme.

Le video trappole

L’inchiesta che ha portato alla condanna dei due, nasce proprio di numerosi incendi boschivi dolosi divampati in quella stagione e che avevano portato alla distruzione di centinaia di ettari tra pascoli e boschi in tutto l’altolario.

Il 20 aprile 2018 gli uomini dei forestali dei carabinieri erano intervenuti sopra Garzeno, in località Zeda, per l’ennesimo incendio doloso. Sospettando che l’anonimo piromane potesse tornare in azione, gli investigatori avevano piazzato tre fototrappole lungo la strada che conduce fino alla frazione alta di Garzeno, lungo la strada. Fototrappole che, effettivamente, di lì a pochi giorni catturano immagini interessanti per l’indagine. Verso sera viene registrato il passaggio di un mezzo agricolo - si scoprirà poi che era di proprietà degli Albini - diretto verso Zeda. Quindi il mezzo viene visto allontanarsi e, 45 minuti più tardi, le fototrappole tornano ad attivarsi a causa di una nube di fumo e di particelle incandescenti: il rogo era stato appiccato.

Il primo maggio le telecamere degli inquirenti tornano a riprendere la macchina agricola degli Albini diretta, al mattino, verso i pascoli di Zeda. Nel cassone sul retro alcune capre. Sette minuti più tardi, dopo aver fatto scendere gli animali, il mezzo ritorna indietro.

Nel frattempo gli stessi inquirenti iniziano a cercare elementi legati al rogo doloso e trovano, in zona, i resti di un contenitore di plastica giallo con all’interno residui di cera di un caglificio della zona. Il sospetto è che i piromani avessero piazzato una candela nel cilindro così che il vento non la spegnesse e, una volta consumata, la fiamma avrebbe dato il via al rogo. Cosa che effettivamente è accaduta.

Le indagini

I controlli nella banca dati del caglificio in questione hanno permesso ai carabinieri forestali di scoprire che solo 3 aziende agricole avevano comprato il lotto contenuto in quei particolari cilindri gialli: due della Valtellina, il terzo dall’azienda agricola degli Albini.

Ivan Albini, davanti agli inquirenti, aveva respinto ogni accusa sostenendo che «sono 15 anni che non pascoliamo in quelle zone». Ma per il giudice le immagini delle videotrappole dimostrano il contrario e che, per questo, padre e figlio avrebbero appiccato quantomeno il rogo del 27 aprile per poter accelerare il processo di rinnovazione del pascolo.

Da qui la condanna a due anni in abbreviato. Condanna contro la quale è lecito attendersi il ricorso del legale di padre e figlio.n 
P.Mor.

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