«Per Natale divieti assurdi,
per la Valtellina vanno rivisti»

Guerra: «A Roma possono fare 30km noi nei piccoli centri non possiamo neanche attraversare la strada»

Ci sono i casi paradossali in Valtellina e Valchiavenna di vie o frazioni appartenenti a municipi diversi dove, volendo seguire alla lettera le regole imposte, non si potrà neppure attraversare la strada per andare dai parenti e quello più diffuso di genitori e nonni costretti a rimanere da soli a pranzo il 25 dicembre perché residenti in paesi diversi da quelli in cui vivono figli e nipoti.

Il divieto di spostamento da un comune all’altro nei giorni di festa, in particolare a Natale, Santo Stefano e il primo dell’anno, contenuto nell’ultimo decreto per il contenimento dell’emergenza sanitaria sta provocando non pochi malumori, proteste bipartisan da parte di politici ed amministratori.

Non ultima quella di Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura di Italia viva, che ha definito «incomprensibili» le misure adottate in riferimento, soprattutto, alle realtà più piccole «perché - ha detto - a Roma è possibile andare da una parte all’altra della città facendo 30 km mentre in provincia non lo si può fare, coprendo magari una distanza di 10 km». O anche meno.

Contro la decisione del Governo si fanno sentire i vertici dell’Anci lombarda, l’assessore regionale leghista Massimo Sertori e Luca Della Bitta, sindaco di Chiavenna e rappresentante a sua volta dell’associazione dei comuni. Già giovedì si erano schierati anche schierati 25 senatori dem, tra cui l’ex segretario regionale Alessandro Alfieri, facendosi portavoce della preoccupazione di tanti cittadini e amministratori locali e ora

«Il divieto di mobilità tra comuni è una decisione strampalata, totalmente priva di buonsenso e di equità - dicono in una nota congiunta Sertori, e il vicepresidente lombardo dell’Anci, Giacomo Ghilardi - che obbligherà gli anziani a rimanere soli il giorno di Natale e i ristoranti aperti ma senza clienti e senza ristori».

«Il perimetro definito in modo amministrativo - insistono - creerà una condizione profondamente diversa tra la circolazione nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni, con tutto ciò che consegue. È quindi normale che la popolazione non accetti regole così “strampalate”, peraltro impossibili da far rispettare».

Sertori e Ghilardi condividono la necessità di evitare gli assembramenti, «arma utile per contenere il virus, ma tale arma - dicono - deve essere utilizzata con equilibrio e attraverso provvedimenti che riescano a conciliare il rigore al vivere comune».

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