Omicidio, l’indagato non parla. «È in uno stato confusionale»

Como L’inchiesta sull’uccisione del valtellinese Giuseppe Mazza Querenzi si è avvalso della facoltà di non rispondere al giudice

È andata come in parte era previsto, vale a dire che Omar Querenzi - l’uomo di 33 anni di Albiolo indagato per l’omicidio di via Giussani a Como della scorsa settimana - si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Accanto al suo difensore, l’avvocato Denise Canu, Omar ha scelto la strada del silenzio, così come gli consente la legge. Le sue condizioni restano apparentemente abbastanza precarie, al punto da fare pensare alla possibilità concreta che qualcuno - o la procura già in fase di indagine o il tribunale, più avanti - si risolva a richiedere un approfondimento psichiatrico.

Nessun ricordo

Nell’immediatezza dell’arresto, si ricorderà, Querenzi aveva insistito riferendo di non ricordare nulla dell’accaduto: il giorno precedente era stato ricoverato all’ospedale di Como in stato di alterazione da abuso di sostanze e visitato da uno psichiatra, prima di lasciare l’ospedale, la mattina del giorno successivo, con le conseguenze che sappiamo. Aveva inizialmente aggredito un bambino che si trovava fuori dall’ospedale Sant’Anna in compagnia dello zio, poi era arrivato a piedi fino a via Giussani, dopo aveva prima aggredito un giovane alla fermata dell’autobus - subito dopo avergli chiesto indicazioni per il vecchio ospedale - e infine era stato arrestato dalla polizia.

Il sospetto è che Omar sia anche l’autore dell’aggressione costata la vita a Giuseppe Mazza, un pensionato di 76 anni originario di Mantello trovato poche ore più tardi a bordo della sua auto, sempre in via Giussani, con la gola tagliata. Per quel delitto il trentenne è formalmente indagato dalla Procura, alla ricerca - assieme agli investigatori della squadra mobile - di elementi utili a fare chiarezza.

Nei giorni scorsi era emersa la circostanza secondo la quale Querenzi era stato inquadrato dalle telecamere proprio all’interno dell’area di sosta in cui si trovava la Volkswagen Lupo di Mazza. Ora, su quella stessa auto, si cercano anche impronte digitali che consentano di risalire all’unico indagato.

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