Nuovo piano faunistico, ecologisti in allarme: «Servono più guardie»

Le osservazioni alla bozza della Provincia: «Attualmente è impossibile coprire la reperibilità». Le associazioni chiedono almeno venti effettivi.

Una vigilanza adeguata, per numero di guardie e formazione come prerogativa per una corretta gestione venatoria del territorio morbegnese e più in generale di tutta la provincia. È questa la prerogativa delle associazioni Lega italiana difesa animali e Ambiente, Legambiente, associazione Orma di Morbegno e Wwf Valtellina e Valchiavenna nelle osservazioni rivolte al presidente della Provincia Elio Moretti e agli organismi tecnici di gestione venatoria riguardo alla bozza del Piano faunistico venatorio.

«La costante riduzione delle guardie provinciali, da anni mette in discussione la corretta gestione venatoria nel nostro territorio - sottolineano le associazioni - impossibilità di presenziare ai censimenti che vengono effettuati quasi unicamente dai cacciatori per lo più dello stesso settore in cui praticano la caccia, estrema limitazione nel presidio territoriale e nel controllo del corretto funzionamento dell’attività venatoria». Secondo le associazioni, ciò si traduce nell’impossibilità di «coprire la reperibilità 24 ore su 24, incontrare difficoltà nel recupero dei capi feriti, a volte, con l’utilizzo di mezzi inadeguati, oltre al sobbarcarsi di oneri aggiuntivi come quelli di dover presenziare ad eventi “civici” che esulano dal servizio venatorio». Per questo si chiede di riportare il numero delle guardie provinciali a 20 effettivi, al più presto possibile e non oltre i prossimi 3 anni, organizzando corsi per guardie volontarie. «L’accorpamento delle Guardie forestali nei Carabinieri apre una nuova strada per più efficaci controlli e tutele del territorio. Crediamo sia da verificare la possibilità di un’azione coordinata fra Guardie provinciali e Carabinieri forestali di Valtellina e Valchiavenna che siano in grado di intervenire sul territorio in modo rapido ed efficace. Questo non solo in un’ottica repressiva dei reati, ma soprattutto in vista della creazione di una “rete di protezione” in cui le attività venatorie si possano svolgere nel rispetto delle normative e, per quanto possibile, secondo un’etica condivisa da tutti i “portatori di interessi” in materia faunistica».

Riguardo alle specie, si fa riferimento agli ungulati e a «situazioni critiche di camoscio e capriolo in alcuni comprensori che impongono scelte corrette e necessarie». Per la tipica alpina si parla di «agonia che si perpetua per pernice bianca, lepre bianca, coturnice». Per l’allodola si chiede «in considerazione della grave situazione in cui versa la specie, la chiusura della caccia per due stagioni venatorie».

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