Non hanno aggredito loro gli autisti
Assolti dopo sei mesi di detenzione

La Corte d’Appello cancella la condanna per due dei quattro imputati A chiedere l’assoluzione è stata la stessa accusa che critica i metodi del riconoscimento

Indossavano le magliette sbagliate nel momento sbagliato, ma non sono stati loro ad aggredire i due autisti del bus picchiati lo scorso giugno all’altezza dei portici di via Milano. Il Tribunale di Milano ribalta la (peraltro criticata) sentenza di condanna emessa da Como e assolve Salifu Camara, 23 anni, e Yusupha Ceesay, 25, i due giovani del Gambia arrestati dalla polizia con l’accusa di aver partecipato all’aggressione dei dipendenti di Asf. Condannati, ma con uno sconto di pena in quanto sono state escluse le aggravanti, gli altri due arrestati: Abdulganiyu Oseni, 21 anni, e Jolly Imade, 22, nigeriani entrambi. Il primo ha avuto una pena di 1 anno e 7 mesi, il secondo di un anno e 20 giorni.

Tornano dunque liberi, dopo quasi sei mesi di custodia cautelare (di cui un paio in carcere, gli altri ai domiciliari), i due giovani gambiani che fin da subito avevano protestato la propria estraneità all’aggressione.

A chiedere la loro assoluzione è stata la stessa accusa. Il procuratore generale, Celestina Gravina, nella propria requisitoria ha criticato la modalità di riconoscimento che aveva portato all’arresto dei due giovani.

E vale la pena dunque ripercorrerla questa vicenda che aveva addirittura spinto sulle rive del Lario il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

A incastrare i due, i vestiti che indossavano, del tutto simili a quelli di alcuni dei presenti sul bus (ripresi da una telecamere): una maglietta nera per Salifu e una gialla indossata da Yusupha.

Peccato che la stessa sentenza di condanna ammettesse che «nelle immagini» della telecamere l’uomo con la maglia gialla non era il giovane gambiano. I due giovani vennero identificati dagli autisti attraverso un book fotografico di sospettati in cui i due arrestati erano gli unici a indossare gli indumenti che avevano anche gli aggressori.

Un’identificazione così, ha chiosato ieri la stessa accusa, non dimostra nulla e non può certo valere in aula. Da qui l’assoluzione con formula piena: non sono loro gli aggressori degli autisti.

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