«No ai teli sui ghiacciai»
Ma Livigno è ok

Quaranta ricercatori li bocciano: «È “greenwashing” e non offrono soluzioni al surriscaldamento». «Corretto l’uso per mantenere la neve per la stagione successiva»

Una startup italiana copre i ghiacciai con i teli per salvarli, ma gli scienziati non sono d’accordo. La pratica di usare materiali geotessili, per preservare la superficie nevosa durante i mesi più caldi, in certi contesti non è approvata dai ricercatori.

La startup milanese Glac-Up, fondata da quattro giovani formatisi alla Bocconi di Milano, a poco più di un anno dalla sua nascita, è così finita sotto accusa.

È quanto riporta la versione on line di Repubblica, che sottolinea però come l’uso dei teli geotessili sia invece ritenuta dalla comunità scientifica una pratica ecologicamente sostenibile a Livigno, dove il loro impiego non è su ghiacciaio, ma è finalizzato a mantenere il più a lungo possibile la neve invernale, per poterla riutilizzare all’inizio della stagione successiva.

È la cosiddetta tecnica dello “snowfarm”, che proprio nel Piccolo Tibet è stata portata a livello di eccellenza e che permette già ad ottobre di aprire l’anello per lo sci di fondo, risparmiando acqua ed energia sulla produzione di neve artificiale.

Tutt’altra questione invece è la copertura dei ghiacciai, che non è vista di buon occhio dalla comunità scientifica.

Quaranta ricercatori e accademici italiani di otto istituti differenti, fra i quali il Comitato Glaciologico Italiano e la Società Meteorologica Italiana, hanno bollato l’operazione come “greenwashing”, neologismo inglese che generalmente viene tradotto come ecologismo o ambientalismo di facciata.

«Al fine di rallentarne la fusione e il ritiro, sono sempre più diffusi sulle Alpi i progetti di copertura dei ghiacciai con i teli geotessili - si legge nella lettera -.Tali pratiche non rappresentano uno strumento per combattere le conseguenze del cambiamento climatico e del riscaldamento globale(...). Raccontare la copertura dei ghiacciai come una soluzione agli effetti avversi del cambiamento climatico non è soltanto sbagliato, è anche un tentativo di greenwashing per descrivere un intervento impattante sull’ambiente».

I ricercatori sostengono che, considerati gli effetti negativi sull’ambiente e i costi proibitivi, coprire i ghiacciai con dei teli per evitare che si sciolgano durante l’estate può avere senso solo localmente per tutelare gli interessi economici legati al sfruttamento turistico. Come avviene appunto a Livigno. Ma non avrebbe nulla a che vedere con il contrasto al cambiamento climatico che anzi contribuirebbe ad aggravare.

«Non abbiamo mai pensato che questa fosse l’unica soluzione da adottare né che sia applicabile su larga scala - si difende dalle colonne di Repubblica Giovanni Cartapani , uno dei fondatori di Glac-Up -. Sostenibilità significa coniugare ambiente, economica e società. La sfida è trovare un equilibrio fra tutto questo. Dunque dare un futuro anche alle attività commerciali sui ghiacciai».

Il primo e per ora unico intervento, è stato fatto sul ghiacciaio Presena in Trentino dove la startup ha raccolto fondi per coprire circa 2.000 metri quadrati di neve con l’obiettivo di arrivare a 120mila. La pratica di usare i teli geotessili non è nuova. Viene impiegata da anni da molti comprensori per preservare la superficie nevosa durante i mesi più caldi e consentire così di sfruttarla come pista da sci nel resto dell’anno come accade a Livigno.

Lo stesso intervento di Glac-Up si è aggiunto a quello che il Consorzio Ponte di legno-Tonale già fa abitualmente. Ed è proprio questo che non è piaciuto. «Non ho la tessera di Legambiente, sono solo un ricercatore come gli altri -. premette Renato Colucci , glaciologo del Cnr e fra gli autori della lettera- Queste operazioni sono sbagliate sul piano etico come su quello pratico. È una pezza goffa da mettere al riscaldamento globale che, per altro, distrugge l’ecosistema dei ghiacciai. Molto meglio allora usare i teli geotessili per coprire la neve che viene raccolta d’inverno per poi usarla la stagione successiva al posto dei cannoni, come fanno a Livigno. O al limite trasformare in neve l’acqua prodotta dal ghiacciaio stesso per poi spararla nella parte alta, nella zona di accumulo. È sempre un palliativo, fa però meno danni. In realtà una delle prime cose da fare sarebbe andare alla radice del problema e ridurre le emissioni di gas serra».

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