«Morti per il Covid
ma dimenticati»
La rabbia dei medici

La denuncia. Senato, bocciata proposta di risarcimento. Innocenti (Ordine): «Uno scandalo, sono irritato». In provincia erano state due le vittime del virus

«Sono stupito e irritato. E’ uno scandalo che a medici morti sul lavoro a causa del coronavirus, e quindi ai loro famigliari, non venga riconosciuta una forma, diciamo così, compensatoria, tanto più quando si tratta di medici convenzionati col Servizio sanitario nazionale e non dipendenti, per i quali la copertura assicurativa è maggiore».

Indignazione

A dirlo è Alessandro Innocenti, presidente dell’Ordine dei medici ed odontoiatri della provincia di Sondrio che durante la pandemia ha contato i suoi morti. Due, per la precisione, gli iscritti all’Ordine di Sondrio uccisi dal coronavirus: Domenico De Gilio, 66 anni, di Chiavenna, medico di medicina generale a Novate Mezzola e Verceia dall’agosto del 2019, e morto per Covid il 19 marzo 2020, e Oscar Giudice, 73 anni, di Lovero, medico di medicina generale in pensione e tuttavia attivo,proprio in epoca Covid, quale direttore sanitario della Rsa di Chiuro e collaboratore di quelle di Teglio, Grosotto e Grosio, morto il 7 maggio 2020 al Morelli di Sondalo.

Poco prima, il 12 aprile 2020, giorno di Pasqua, a mancare è stato anche un altro medico, ospedaliero, perno attorno a cui ruotava il sistema delle Cure palliative in provincia di Sondrio, ovvero Fabio Rubino, 55 anni, origini pugliesi, direttore delle Cure palliative di Asst Valtellina e Alto Lario, morto alla clinica San Carlo di Paderno Dugnano, dove era ricoverato.

Momenti di strazio collettivo sui quali è difficile ritornare.

Difficile ricordare

«Ho sentito di una proposta risarcitoria presentata in Parlamento - afferma Bruna Trolli, vedova del dottor Giudice, tra l’altro ex sindaco di Lovero e presidente della Comunità montana di Tirano - ma non ho approfondito per nulla. Non mi sono interessata più di tanto, anche perché per noi familiari, ogni volta si tratta di rinnovare un dolore profondo. Ed è sempre difficile».

«Quel che posso dire è che, poco dopo la morte di mio marito, abbiamo aderito al fondo “Sempre con voi”, voluto dalla famiglia Della Valle, nulla più -a ggiunge la vedova - Ecco, quello che mi sento di dire è che una forma risarcitoria, se la si vuole, giustamente introdurre, non va prevista solo per la categoria dei medici - precisa la signora Trolli, che a sua volta è medico ed è stata operativa per anni in Chirurgia a Sondalo - ma per tutti gli operatori della sanità che, in quel periodo, hanno affrontato tutto quanto veniva avanti senza nulla per difendersi, in braghe di tela, come si suol dire».

Prima bocciatura

La previsione, chiesta dalla senatrice lombarda Maria Cristina Cantù, in quota Lega, nel subemendamento discusso in sede di conversione in legge del decreto sulla proroga dello stato di emergenza nazionale, era di riconoscere 100mila euro a ciascuna famiglia dei medici morti per Covid che non esercitavano in regime di dipendenza.

Quindi, privi di altre forme risarcitorie. Tuttavia, la commissione Bilancio del Senato ha espresso parere contrario sul subemendamento, ex articolo 81 della Costituzione, per mancanza, cioè della necessaria copertura finanziaria. Dopodiché, il subemendamento è stato ritirato e riformulato come Ordine del giorno, accolto dal Governo.

L’auspicio dei famigliari delle vittime, dei rappresentanti sindacali di categoria e degli Ordini professionali è che adesso questo Ordine del giorno abbia seguito «perché siamo rimasti tutti molto male per questo diniego avvenuto a fronte di un numero altissimo di colleghi che hanno perso la vita, ben 369», chiosa Alessandro Innocenti.

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