Mele per passione, nei campi di Grosio i filari di frutti dimenticati

Felice Varenna è cresciuto tra i meleti e conosce le qualità che da secoli vengono coltivate. «Ho le muso di lepre, le morghen e le limoncello».

Il suo meleto è un autentico museo perché è la dimora di qualità di mele non solo fuori dal mercato, ma a rischio estinzione, che senza la sua passione e la lungimiranza sarebbero probabilmente stati già etichettate come frutti del passato.

Felice Varenna è colui che difende la Morghen, oppure la cotogna dalla scomparsa. Nei quattromila metri del Fiorentin, un paradiso naturale posto fra l’ex scuola muratori e il Torchio della frazione grosina di Vernuga, dove le rocce proteggono dai venti e il sole scalda sempre di più che nel resto dell’abitato, dimorano “il muso di lepre” e il “limoncello”, che ovviamente sono mele. Grazie alla tecnica dell’innesto che gli insegnò il papà Pietro, il sarto della Vernuga, autista di professione e coltivatore per hobby, ha fatto sì che di queste mele non siano come le favole “c’era una volta”, ma abbiano resistito alle scelte del mercato che ne ha accantonato la produzione. È una sorta di Wwf delle mele il grosino classe 1960, che nei meleti non solo è cresciuto, ma praticamente nato. «Avevo quattro anni quando ho iniziato ad andare a raccogliere le mele nei meleti di mamma (Giuseppina Giudice) a Lovero; abbiamo una tradizione familiare di 200 anni nella coltivazione della mela». Le mele fanno quindi parte della famiglia Varenna, quasi fossero figli aggiunti a Oscar e Carlotta. E proprio come un padre orgogliosamente presenta i propri rampolli, Felice ci fa da guida nel suo giardino botanico. «La “muso di lepre” è una mela gialla che ormai non si coltiva più. La mia pianta ha una trentina di anni, ma era una qualità di un secolo fa. Il nome come è facilmente intuibile lo si deve alla forma allungata che ricorda appunto il muso del selvatico. Solitamente ne raccolgo un paio di cassette, quest’anno per lei è stata un’annata negativa ma almeno sono riuscito a preservare la pianta dalle malattie che ne mettessero a rischio l’esistenza».

Il “limoncello” non si beve, ma è una mela giallorossa secolare: «L’ha innestata un’ottantina di anni fa mio padre. Devo ringraziare il professore Pietro Valmadre a di Tiolo, scomparso lo scorso anno a 101 anni, che ci permise di fare l’innesto. È una qualità vecchissima». C’è anche una mela che è gigantesca, è ovviamente la grande mela giallorossa arriva dall’America via Toscana: «L’ho raccolta qualche settimana fa e pesava 1.400 grammi ora si disidratata ed è scesa a un peso di 1.210 grammi. La maturazione proseguirà fino a dicembre, quando raggiungerà il gusto giusto».

Con la sua grandezza attira, anche se la buccia oleosa lascia le mani unte. Questa mela grande come un melone l’ha solo Varenna e va letteralmente a ruba, o meglio gliela rubano, approfittando che non ci sia un cancello ed un recinzione a proteggere l’oasi della mela. E considerato tutto l’impegno che per mesi viene riservato dall’agricoltore alla cura del prodotto, è davvero una beffa. La Morghen è una mela rossa è per Varenna è un ricordo dell’infanzia perché era quella che raccoglieva da ragazzini nel meleto loverino: «La raccolgo a fine novembre e matura ad aprile e maggio, è l’ultima». La carrellata delle mele che oseremo definire “felici” dal nome del produttore si conclude con la gialla cotogna «che non è buona da mangiare così ma si usa per la marmellata» e con le verdi renette del Canada. Il tempo delle mele significa amore: è quello fra il grosino è questo frutto è una grande amore lungo e duraturo.

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