Lombardia “gialla”
Sperano alberghi
e ristoranti

Galli (Federalberghi): «Noi siamo pronti». «Turismo simile a quello estivo senza gli impianti»

Pronti a ricominciare, ma in attesa di sapere quando, come e cosa si potrà fare esattamente. Soprattutto di conoscere ufficialmente la data in cui la Lombardia, e dunque Valtellina e Valchiavenna, potranno passare dall’attuale zona arancione a quella gialla. Ieri il presidente regionale Attilio Fontana ha detto che potrebbe arrivare dal giorno 11. Un dettaglio fondamentale per gli albergatori e i ristoratori della provincia di Sondrio fermi al palo, così come i colleghi lombardi, da settimane.

Dipende

Perché se è vero che il decreto firmato mercoledì sera dal presidente della Repubblica Mattarella che regola gli spostamenti durante le festività natalizie e vieta, ad esempio, spostamenti in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome dal 21 dicembre al 6 gennaio, vale indipendentemente dalla classificazione del rischio di ciascun territorio, la possibilità di riaprire ristoranti e alberghi dipende proprio dal colore di appartenenza.

«Siamo in attesa - dice Roberto Galli, presidente provinciale di Federalberghi -. Pensiamo di poter diventare zona gialla entro il 13 dicembre, ma non c’è niente di certo ancora. Il fatto che almeno all’interno di una regione ci si possa spostare ci conforta, dobbiamo solo capire come organizzarci».

Un’organizzazione che non può prescindere dalle regole e dalle condizioni al contorno tra cui la chiusura degli impianti di risalita. Lo sa bene Galli che ha l’albergo a Livigno: «Bisogna capire come si presenteranno le località, cosa sapranno proporre per invogliare i villeggianti - dice -. Avremo un turismo simile a quello dell’estate: di prossimità e slow. Certo la chiusura dei ristoranti alla sera potrà creare problemi soprattutto ai b&b, così come potrebbero esserci difficoltà negli alberghi per il cenone di Capodanno perché non tutti hanno gli spazi per far consumare la cena in camera, ma ci si può organizzare».

Una grossa scommessa è legata ai numeri. Quelli nazionali dicono che il 78% delle persone durante le festività natalizie tende ad andare fuori regione. «Il punto è capire cosa deciderà di fare ora che non può - sottolinea Galli -: rimanere a casa o cercare nella propria regione attività da fare. In Lombardia la montagna dovrebbe essere privilegiata».

In attesa di capire l’evoluzione della situazione anche Paola Moroni, proprietaria dell’hotel Roseg a Primolo: «Attendiamo di vedere i dettagli del dcpm - dice - dopodiché potremo cominciare a pensare come organizzarci. Da parte nostra c’è la volontà di aprire almeno a partire da Natale, speriamo senza troppe complicazioni. Le prenotazioni sono ferme da più di un mese, ma su questo fronte siamo abbastanza fiduciosi».

Più cauta Martina Scherini che gestisce l’Hotel Tremoggia di Chiesa Valmalenco insieme al marito: «Siamo preoccupati perché è tutto fermo, il telefono suona poco - dice -. Se ricominciassero ad arrivare le prenotazioni saremmo pronti ad aprire intorno al 20 dicembre, tra l’altro con l’albergo completamente rinnovato. Se invece rimanesse tutto congelato come ora dovremo pensare bene a cosa fare».

A pesare sulla scelta, oltre alle limitazioni alla mobilità, anche quelle sulla ristorazione: «Se non possiamo far mangiare nemmeno i nostri ospiti e dobbiamo organizzarci per un cenone in camera dobbiamo fare delle valutazioni attente - prosegue -. Per noi il ristorante è un punto fermo, senza ristorazione né per gli ospiti, né per gli esterni, non ci mettono in condizione di aprire. Abbiamo 14 dipendenti, i costi sono molto alti...dobbiamo valutare bene».

Attenzione rivolta al passaggio da zona arancione a gialla anche da parte dei ristoratori. «Sapevamo che si sarebbe arrivati intorno all’11 di dicembre per la nuova classificazione - dice Gianluca Bassola del “Trippi”, a capo del gruppo ristoratori dell’Unione commercio di Sondrio -. Credo e spero che rientreremo in zona gialla e a quel punto riapriremo».

Bassola già dal primo lockdown di primavera si è organizzato con il servizio di asporto dei piatti cucinati, ma anche dei prodotti dei suoi fornitori e, apertura dicembre o meno, confessa di essere già con la testa a marzo prossimo. «Dobbiamo essere lucidi, capire qual è la strada giusta e investire sul futuro della Valtellina e del settore - insiste -. Da questa pandemia usciremo tutti certamente più poveri, ma più forti e consapevoli: la crisi sanitaria ci ha costretto a capire quello che vogliamo davvero».

E se Bassola è ottimista per la Valtellina, anche grazie alle Olimpiadi, non risparmia qualche critica al Governo «che - dice - dovrebbe essere più chiaro nei programmi a medio e lungo termine per consentire agli imprenditori di gestirsi. Tra cassa integrazione e crediti d’imposta non si può dire che non ci stiano aiutando, manca solo una gestione più ferma. Dobbiamo stare chiusi fino a febbraio? Ce lo dicano, ma dopo che si riparta senza più interruzioni».

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