Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 06 Maggio 2016
Latte e formaggi della Valmalenco
Una tesi con dedica
Lanzada: Nicola Bergomi si è laureato con 110 e lode con uno studio dettagliato sugli allevatori locali. «Ne sono emerse particolarità come tipicità e genuinità».
«Dedico questa mia tesi agli agricoltori e allevatori della Valmalenco, perché è grazie a loro se ho potuto raccogliere i dati indispensabili a realizzarla e, soprattutto, è grazie a loro e al loro bestiame se i pascoli d’alta quota vengono mantenuti intatti».
Parola di Nicola Bergomi, 25 anni il prossimo 31 maggio, di Lanzada, tanto abile nella stalla di papà Giuseppe quanto sui libri, considerato che, il 26 febbraio scorso, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze e tecnologie delle produzioni animali, alla facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano con 110 e lode.
Grande la soddisfazione dei suoi famigliari e di tutta la comunità di Lanzada, che, mercoledì sera, non è mancata alla presentazione pubblica della tesi, voluta dall’amministrazione comunale «per far conoscere e valorizzare, come abbiamo già fatto in passato - ha detto il sindaco Marco Negrini - gli studi e le esperienze di nostri concittadini distintisi in vari ambiti».
“Analisi dell’allevamento dei bovini da latte in Valmalenco e caratterizzazione qualitativa di una produzione casearia” il titolo della tesi per mettera a punto la quale, Nicola ha fatto la spola fra tutte e 31 le aziende agricole della Valmalenco concentrandosi, poi, solo sulle 12 che «aderiscono ai controlli funzionali – ha detto – cioè dove, una volta al mese, giunge il tecnico dell’Associazione provinciale allevatori ad effettuare il prelievo di un bicchierino di latte per ciascuna vacca. Io ho considerato i controlli effettuati in queste aziende su un intero anno e, poi, mi sono concentrato sull’analisi sensoriale dei formaggi semigrassi prodotti da 8 di queste aziende, quelle che mi hanno dato il formaggio da valutare».
Un lavoro sul campo da cui «innanzitutto è venuta fuori una cosa che è parsa parecchio inusuale ai professori universitari - dice Bergomi -, ovvero il fatto che tutte e 31 le aziende agricole della Valmalenco trasformano il latte in proprio. Non lo conferiscono né a Chiuro, né a Delebio, e, peraltro, avevano anche tentato in passato di costituire una latteria propria, non riuscendovi. Per cui, in Valmalenco, vi è un 100% di tipicità, perché tutti fanno formaggi simili, ma mai identici. E, infatti, la caratterizzazione fatta sugli otto formaggi assaggiati, lo ha dimostrato, tutti semigrassi con stagionatura a 7 mesi, ma molto diversi per gusto, aroma, consistenza».
È anche emerso che tutte le aziende malenche portano le vacche in alpeggio «il che garantisce un innegabile risparmio sul fieno - ha detto Bergomi –, assicura la salvaguardia del territorio e garantisce ottimi formaggi, perché il latte prodotto in alpe ha meno grassi saturi e più insaturi, quindi, è più ricco di Omega 3. Tant’è che i prodotti hanno mercato, in quanto, se nessuno conferisce il latte, significa che lo lavora in proprio e lo smercia riuscendo a spuntare un prezzo più interessante».
Peraltro, non solo di prodotti genuini e gustosi, si tratta, ma anche sani, «perchè dai dati delle 12 aziende che si sottopongono ai controlli, emerge che il latte contiene, in media, il 4% di grassi, contro il 3,55 del latte delle latterie di Chiuro e Delebio, e il 3,55% di proteine, contro il 3,4% del latte di latteria. Non voglio dire che il latte delle latterie non sia ok, anzi, è ottimo, ma questo malenco è ancora più ricco. Tra l’altro, pur mungendo tutti ancora a mano, le cellule somatiche, parametro di qualità igienico sanitaria del latte, sono pari a 250mila, ben al di sotto del massimo consentito dalla Ue, pari a 400mila cellule somatiche».
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