«La quarta dose serve. Isolare tutti i positivi invece è poco utile»

L’intervista Carlo Signorelli, presidente della Commissione nazionale vaccini e docente di Medicina preventiva al San Raffaele

Centauro, la variante indiana, il nuovo vaccino “pan-varianti”, la quarta dose, il contagio che non si arresta. Di questo e molto altro abbiamo parlato con il presidente della Commissione Nazionale Vaccini (Nitag) Carlo Signorelli, lecchese, che è anche professore al San Raffaele di Medicina Preventiva.

Professore, cominciano dall’ultima novità. C’è da aver paura della nuova variante indiana “Centauro”?

Oggi l’istituto superiore di sanità ha diffuso delle tipizzazioni di quindici giorni fa per cui non sappiamo quanto gira e se gira. Tipizziamo poco, per cui vediamo le fotografie dell’Italia di due settimane fa. Naturalmente se è già sbarcata in Europa ipotizziamo che arrivi anche in Italia. Però mi pare che complessivamente la curva sia in leggero calo rispetto a due settimane fa. Forse il picco è stato raggiunto. È verosimile che abbiamo “scollinato”.

Ma è vero che ogni variante sembra meno pericolosa della precedente anche se più diffusiva?

Sembra proprio così. Sempre più diffusive e meno pericolose. Anche perché i dati dei ricoveri sono per la maggior parte dei casi pazienti che arrivano in ospedale per altre ragioni e classificati come Covid, ma solo per la minima parte sono davvero malati di Covid. Sono Covid-positivi, questo sì. E questo dato sui ricoveri ospedalieri, merita una considerazione: non abbiamo dati certi di quei numeri, ma le stime parlano di un quarto o meno di vari casi di Covid in ospedale. Quindi anche i dati di occupazione dei letti non rispecchiano la fotografia reale. E se cala la curva circolerà meno il virus e caleranno anche i dati sui ricoveri. Si era detto che a metà luglio si sarebbe raggiunto il picco e più o meno dovremmo esserci. Se poi la nuova variante colpirà anche i malati di Omicron 5 cambierebbe tutto: ma probabilmente non sarà così.

Intanto, come va la quarta dose?

Dopo i primi due giorni con un po’ di corsa, non è che questa quarta dose stia “sfondando”. È abbastanza deludente il suo andamento…

Intanto alcuni medici continuano a dire che non serve farla perché tanto a settembre arriverà il vaccino “definitivo”. Ma è proprio così?

Nessuno può sapere quando arriverà, ma non si parla di tempi brevissimi. Settembre? Molto difficile. E poi c’è un problema di acquisto centralizzato a livello europeo, di distribuzione… E non c’è più la struttura di prima, di quando c’era Figliuolo.

Il vaccino deve essere vagliato dall’Ema e questo processo richiede del tempo. Poi dovrà essere vagliato dall’Aifa, e quindi pensare alla sua distribuzione a livello nazionale e poi regionale. Tutte cose che richiedono pianificazione che poi dovrà essere concordata con la campagna antinfluenzale quando a metà ottobre arriverà anch’essa.

Il metodo attendista in questo momento non è la soluzione del problema, anzi.

L’indicazione è abbastanza chiara: gli effetti sul prevenire l’infezione non sono alti, ma sulle forme gravi sì. La quarta dose protegge al 90 per cento sulle forme gravi. Sulle infezioni, è difficile poter fare delle stime perché le varianti continuano a cambiare, ma superano il 50 per cento. Il messaggio che viene recepito è che alla fine non mi protegga. Ma almeno nella metà dei casi, non è così: il vaccino protegge anche dall’infezione. Anche se questo rende la comunicazione a medici di base e specialisti, abbastanza difficile perché non ci sono dati precisi e certi. Mettici il periodo estivo e la campagna vaccinale non è semplice: le previsioni iniziali, per ora, non sono incoraggianti. Non sta andando come avremmo voluto.

Intanto, però, anche se il virus non fa molti danni, tiene le persone a casa, in isolamento. Ma è ancora il caso?

La discussione è sull’applicare il metodo inglese o meno: in questo momento il positivo è isolato e ci deve stare almeno una settimana, anche se non ha sintomi. Se ha sintomi, l’isolamento è giustificato. In questo momento sta bloccando 1,5 milioni di italiani, 300mila lombardi e, se facciamo la proporzione, 1.500 lecchesi.

Si può uscire dal sistema degli isolamenti?

L’Inghilterra lo ha fatto. Il test positivo non blocca a casa gli asintomatici. Il ragazzo di 30 anni senza sintomi che è bloccato a casa, incide anche sul funzionamento dei servizi essenziali. Il rischio, di contro, è che se una delle varianti dovesse essere peggiorativa mettiamo in circolazione degli asintomatici che potrebbero trasmettere anche varianti potenzialmente pericolose. In futuro il problema sarà da affrontare. Il costo sociale-economico è altissimo, ora.

E tanti fanno il test a casa. Poi girano liberamente, anche se positivi

Le stime dicono che probabilmente almeno il doppio dei casi di positività sfuggano al sistema. Però l’autorità sanitaria può lavorare solo su dati certi… Anche perché i casi trovati a casa non sono certificati.

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