Green pass per gli impianti da sci

Il protocollo non mette tutti d’accordo

Impiantisti divisi sulle norme suggerite dal settore al Governo

Vismara: «Sbagliato porsi dei limiti». Cioccarelli: «Avrei puntato al 100%»

Opinioni contrastanti, fra gli impiantisti di casa nostra, rispetto alla proposta di protocollo per la riapertura delle aree sciistiche e per l’utilizzo degli impianti di risalita, formulata dalle associazioni di categoria, quali Fisi (Federazione italiana sport invernali), Anef (Associazione nazionale esercenti funiviari), Federfuni, Amsi (Associazione maestri di sci) e da Colnaz (Collegio nazionale maestri di sci).

Più critico, rispetto alla formulazione, nel merito e nel metodo, è Franco Vismara, amministratore delegato della Fab, Funivia al Bernina, per anni vice presidente nazionale Anef, secondo il quale, la proposta, non andava proprio formulata.

«Stiamo parlando di un documento che non ha alcun valore cogente per il Governo - dice - e che, peggio, rischia di diventare uno zoccolo duro, non migliorabile. Un tetto oltre il quale certamente chi decide non andrà, perché già ci siamo noi stessi, imposti dei limiti. Porre un tetto, significa che nulla può essere introdotto in meglio semmai in peggio, e a me non sembra il modo corretto di procedere. Come non mi sembra affatto opportuno, uscire pubblicamente, sui media, con un documento che sostituisce una proposta e che, invece, viene promosso o, comunque, comunicato come protocollo, cosa fatta».

Un passaggio, quest’ultimo, che è stato evidenziato da tutti gli impiantisti da noi sentiti, con, tuttavia, sfumature diverse.

Per Mario Rotti, ad esempio, presidente di Skiarea Valchiavenna «è vero che parliamo di una proposta sulla quale poi saranno le autorità preposte ad esprimersi e a quanto disporranno ci atterremo - dice -, però, secondo me, il fatto di farla conoscere in anticipo prepara la clientela ad affrontare una stagione sulle piste da sci in sicurezza. Penso che dal punto di vista dell’immagine sia positivo - conclude - che l’aspirante sciatore sappia di poter contare su comprensori il più possibile sicuri e su impiantisti determinati a dare il meglio, anche da questo punto di vista».

Di una proposta, «forse non condivisa da tutti, in sede di formulazione», parla, ancora, Marco Rocca, amministratore delegato di Mottolino spa, di Livigno «perché - sottolinea - è il portato della filosofia di “Dolomiti Superski” (il maggior comprensorio sciistico d’Italia, ndr) -, ma al di là di questo a me sembra che il contenuto sia in linea col pensiero dominante. Personalmente, mi trovo allineato con quanto previsto, Green pass compreso, che trovo sia proprio il minore dei mali. Tra l’altro, abbiamo sperimentato questa misura, quest’estate, con gli stranieri, e non abbiamo incontrato alcuna difficoltà, perché svizzeri, austriaci, tedeschi, olandesi, tutti, avevano il loro Green pass».

Proposta di protocollo e introduzione del Green pass che trovano d’accordo Valeriano Giacomelli, amministratore delegato della Società impianti Bormio, per il quale, la proposta «è un qualcosa di positivo - dice - che rappresenta una “quadra” trovata su un argomento sempre complesso anche se, io, qualche problema, lo temo rispetto alla gestione del Green pass rispetto alla clientela straniera. Non so quanti sciatori provenienti da fuori potranno esibirlo».

L’esperienza di Rocca, in questo senso, è stata positiva, ma per Giacomelli, la prova del nove, la si avrà solo ad impianti aperti.

Che, Domenico Cioccarelli, amministratore delegato della Siba, di Aprica, vorrebbe fruibili al 100%.

«Per me le linee guida proposte vanno pure bene dopodiche forse - dice - era preferibile non uscire, subito, sulla stampa e via web, e indirizzarle unicamente al Governo. Fermo restando che, e a questo credo fermamente, non è sulle piste da sci che ci si contagia. Non è, il nostro, un veicolo Covid. Per cui, io, non smetto di guardare ad una fruizione, compatibilmente, con l’andamento della pandemia, massima».

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