Da Livigno a Madesimo:

«Piano del territorio

vincoli inaccettabili»

Le osservazioni delle Comunità montane al documento regionale che congela le attività in quota sopra i i 1.600 metri

«Un inaccettabile congelamento delle attività esistenti sopra i 1.600 metri dove vivono ancora persone per tutto l’anno» oltre ad «un ostacolo a qualsiasi possibilità di sviluppo» dei domini sciabili. È una bocciatura sonora alle proposte di revisioni del Piano territoriale regionale (Ptr) quella che arriva dalle Comunità montane della Valchiavenna e dell’Alta Valtellina insieme ai suoi Comuni. Tanto da spingere gli enti a chiedere alla Regione la sospensione del percorso di adozione del Progetto di valorizzazione del paesaggio (Pvp) e una sostanziale revisione delle cartografie e delle normative da attuarsi «a seguito di una corretta partecipazione che veda coinvolte le Comunità locali» e ridia alla Provincia un ruolo centrale.

Condivisione

Una conclusione condivisa quella a cui arrivano le due Comunità montane agli antipodi della provincia nelle osservazioni inviate a Milano dopo l’analisi della documentazione, in particolare di quel Pvp che riporta direttive e prescrizioni relative ai diversi territori lombardi, parte integrante del Piano territoriale. «Ancora una volta chi fa pianificazione lo fa da un ufficio di Milano senza conoscere il territorio» dice Davide Trussoni, presidente della Comunità montana della Valchiavenna.

I punti

I punti incriminati sono quelli relativi all’inedificabilità totale delle aree sopra i 1.600 metri, l’ampliamento degli “ambiti di elevata naturalità” e la questione dei domini sciabili.

«Nel territorio della Comunità montana della Valchiavenna - si legge nel documento - alcuni centri abitati sono collocati al di sopra dei 1.600 metri, in particolare la frazione Motta di Campodolcino dove sono presenti anche strutture alberghiere importanti nel panorama economico della Valle, oltre che alcune parti del comune di Madesimo riguardanti sia il fondovalle che gli Andossi e Montespluga; queste località vengono ingiustamente penalizzate perché vi sono consentiti esclusivamente interventi di manutenzione del patrimonio costruito esistente così che non sarà possibile realizzare anche interventi destinati al potenziamento delle attività agricole».

E poi c’è la questione dello sci. «L’introduzione degli ambiti di rilievo paesaggistico della montagna alpina e appenninica caratterizzati da elevata naturalità nei quali non è prevista la realizzazione e lo sviluppo di nuovi impianti di risalita - sottolineano dalla Cm -, di fatto non consente di prevedere nuovi sviluppi in particolare nella Val di Lei, ambito posto sul versante nord delle Alpi in quota che va dai 2.000 ai 3.000 metri, dove le attività sciistiche si svolgono senza particolari problemi di carattere climatico e dove è necessario prevedere interventi di sviluppo per altro già inseriti quasi totalmente nelle previsione del Ptcp».

Alta Valle

Cambiano i luoghi ma non le contestazioni nelle osservazioni inviate dalla Comunità montana dell’Alta Valtellina. «Nel nostro mandamento - si legge nel documenti - ci sono importanti realtà che sorgono al di sopra dei 1.600 metri: Livigno con Trepalle, Santa Caterina, le stazioni turistiche di Bormio 2000 e Ciuk dove si svolge un’intensa attività turistica, parte fondamentale dell’economia del comprensorio, paesi che restano pesantemente congelati da una scelta assolutamente illogica che comporta una inaccettabile disparità di trattamento».

La preoccupazione poi, come per la Valchiavenna, riguarda l’introduzione degli “ambiti di elevata naturalità” che bloccano ogni sviluppo possibile per gli impianti da sci oltre alla definizione di aree sciabili attrezzate, «il cui inserimento nei Ptcp non può che corrispondere ad una fotografia della situazione esistente bloccando ogni possibile modifica allo stato di fatto».

La speranza

Di fatto secondo la Comunità montana il Pvp così formulato «diviene un ostacolo a qualsiasi possibilità di sviluppo di quel progetto di potenziamento del sistema degli impianti ed il collegamento delle stazioni sciistiche da Livigno a Santa Caterina Valfurva» che va sotto il nome di piano Gasser e che «integra il sistema impiantistico all’interno delle modalità di trasporto sostenibile delle persone, anche sostitutivo del trasporti tradizionali».

Gli amministratori della Cm, a partire dal vice presidente Remo Galli, però non disperano, fiduciosi che non solo che la sensibilità dell’assessore alla Montagna Massimo Sertori possa aiutare a rivedere le previsioni, ma che la stessa filosofia della giunta Fontana di rilancio del turismo in contraddizione con i vincoli imposti dai tecnici possa, come accaduto in passato, correggere il Progetto ascoltando le esigenze e le ragioni delle comunità locali.

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