Covid, al Morelli
il sesto reparto
Ma non basta

Dieci nuovi posti letto nel 4° padiglione. Ma restano pazienti anche a Sondrio e Chiavenna

Siamo al sesto reparto Covid aperto all’ospedale Morelli di Sondalo. Dieci nuovi posti letto ricavati, ieri, negli spazi che erano della Chirurgia generale, al secondo piano del 4° padiglione, il mega blocco ospedaliero a forma di nave che si incontra entrando nell’ex villaggio sanatoriale. È una corsa contro il tempo dovuta alla crescita della domanda di ospedalizzazione di pazienti che non possono essere curati e assistiti a casa. Troppo critiche le loro condizioni, soprattutto dal punto di vista respiratorio, per non essere sottoposti a stretta e continua osservazione medica.

La pressione

Una fortissima pressione sulla rete ospedaliera che si traduce in 181 pazienti ricoverati, a ieri, cinque in più rispetto a due giorni fa, anche se a rendere maggiormente l’idea è il fatto che, in soli tre giorni, da lunedì a ieri, i ricoveri sono stati 52. Da tutta la provincia di Sondrio, piccoli paesi e città. Un andirivieni incessante di autoambulanze, con grande dispiegamento di risorse non solo da parte di Asst, ma anche di Areu e di Croce rossa, perché i trasferimenti richiedono massimo scrupolo e osservanza delle norme di sicurezza e tempi lunghi.

E teniamo anche presente che, nonostante l’apertura del reparto numero sei contribuisca a sgravare di molto l’attesa di ricovero, questa, comunque, resta, anche se in forma ridotta, con pazienti Covid temporaneamente seguiti nelle Osservazioni brevi intensive (Obi) degli ospedali di Sondrio, Sondalo e Chiavenna.

Ancora, dei pazienti ospitati a Sondalo, 14 sono ricoverati in Terapia intensiva e 22 in sub intensiva, per un totale di 36 persone che si trovano in gravi condizioni. Ovviamente, medici e paramedici dell’ospedale fanno l’impossibile per seguirli e recuperarli, ma ciò, purtroppo, non sempre è possibile stante l’insidiosità e l’aggressività del virus.

Che, in tre giorni, da lunedì a ieri, ha strappato alla vita nove persone, cinque donne e quattro uomini, di cui cinque nati negli anni Trenta, uno negli anni Quaranta e tre negli anni Cinquanta. Che, sommati ai 29 decessi intervenuti nelle prime due settimane di novembre, portano il totale a 38. Numero già raccapricciante, e che sale, addirittura, a 58, se lo parametriamo all’inizio della seconda ondata pandemica, cioè a partire dalla metà di settembre. E solo con riguardo ai decessi avvenuti al Morelli, cui bisogna, poi, aggiungere tutti gli altri, avvenuti a casa o in Rsa.

«Come in aprile»

«Siamo ormai vicinissimi ai numeri di aprile - osserva Tommaso Saporito, direttore generale di Asst Valtellina - quando avevamo riscontrato il picco della pandemia, ma, allora, non avevamo piena coscienza degli effetti dell’emergenza sanitaria, mentre oggi, pur essendone consapevoli, a causa dei comportamenti generali, non siamo riusciti ad evitarlo. L’alto numero di ricoveri, una ventina al giorno, e i decessi, dovrebbero far riflettere. Per fermare la diffusione del contagio - conclude - c’è un solo modo: proteggersi adottando le misure consigliate. Se aumentano i positivi, cresce anche il numero dei pazienti che necessitano di cure ospedaliere, quindi, i rischi per loro e la pressione sul sistema sanitario».

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