«Coronavirus, una parente positiva: la notizia da Facebook»

La famiglia: «Comunicazione da migliorare, così non va. C’è un clima da caccia alle streghe e aumenta la paura».

«Ci siamo sentiti abbandonati a noi stessi, la gestione della comunicazione è stata a dir poco superficiale. Il momento migliore di tutta questa vicenda? Per assurdo è stato il ricovero in ospedale». A parlare è Giovanna Muscetti, giornalista esperta in comunicazione, in passato presidente del Consorzio destinazione della Valtellina (Dmo).

Da qualche giorno la sua famiglia sta vivendo un vero e proprio incubo: una sua parente è risultata positiva al Coronavirus dopo essere entrata in contatto con una persona proveniente da fuori provincia che poi è stata ricoverata in ospedale.

Si tratta del quinto caso di Covid-19 in provincia di Sondrio, quello reso noto giovedì sera dal sindaco di Albosaggia, Graziano Murada. La donna, una 48enne, è ricoverata all’ospedale “Morelli” di Sondalo, non è in terapia intensiva e le sue condizioni, da quanto appreso, non sarebbero critiche. L’ansia, la paura e lo stress, però, ci sono, eccome, causati anche da un difetto di comunicazione con le autorità sanitarie. Giovanna Muscetti si fa portavoce del malcontento della famiglia della donna, e vuole anche lanciare un appello.

«La gestione di questa emergenza non ci ha fatto piacere, abbiamo riscontrato una mancanza di comunicazione da parte dell’Ats della Montagna verso chi è entrato in contatto con il virus – afferma la giornalista -. Manca una rete di protezione per le persone ammalate o che non lo sono ancora, e per i loro familiari. Una gestione quantomeno superficiale della comunicazione, stiamo parlando di tutela della salute, non si può essere così “leggeri”». A far arrabbiare i familiari della donna anche il fatto che la notizia della positività sia stata diffusa dal sindaco attraverso Facebook. «Non ce lo aspettavamo – conferma Giovanna Muscetti – e non credo sia corretto dare queste informazioni in questo modo, segnalando il Comune di residenza. In questo modo si scatena la caccia all’untore, un’ulteriore preoccupazione per chi sta giù affrontando un momento difficile. Così si fa terrorismo psicologico».

Secondo Muscetti, che come detto è un’esperta di comunicazione, bisognerebbe istituire un collegamento con i media preciso e puntuale, che faccia capo all’Ats o alla Prefettura e che permetta di diffondere notizie corrette e tempestive, ma senza rischiare di cadere, appunto, in una “caccia alle streghe”.

Infine, la giornalista vuole mettere in luce il lato più umano di questa vicenda. «Il momento migliore da quanto tutto è iniziato è stato il ricovero - racconta -. Mettetevi nei panni di una persona che sa per certo di essere entrata in contatto con persona che ha contratto un virus tanto aggressivo, che comunica subito all’Ats questa circostanza, proprio come da indicazioni date a livello regionale e nazionale, e che poi si trova abbandonata a se stessa». E la situazione non è certo migliorata dopo: «Da quel momento nessuna comunicazione puntuale, si è cercato di minimizzare il problema, ai primi sintomi hanno provato a tranquillizzare in maniera goffa alimentando ancora di più l’ansia, lo stress, la paura. E tutto sembra crollare addosso». Aggiunge sempre Muscetti: «Credo che una giusta comunicazione e l’attivazione di una rete di protezione rispetto a chi è entrato in contatto con questo problema sia un atto dovuto. Bisogna spiegare in maniera chiara tutto alle persone coinvolte, che sono smarrite e terrorizzate. Serve una procedura migliore».

Obiezioni senza dubbio legittime. C’è da dire, però, che si tratta di una situazione di emergenza del tutto nuova anche per le istituzioni, che si trovano a dover gestire per la prima volta un problema di tale portata. Ed è molto l’impegno profuso in questi giorni difficili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA