«Chiudere i rifugi?
I no di Confortola»

L’alpinista a fianco dei rifugisti: «Professionisti seri, sapranno adottare le norme di sicurezza»

La meta del cacciatore degli 8000, Marco Confortola, testimonial dell’Assorifugi Lombardia, questa volta è un po’ più bassa, ma altrettanto qualificante, anzi è una risposta ad un Sos, lui che fa parte anche del Soccorso Alpino. L’alpinista della Valfurva, infatti, perora la causa dei rifugi in un momento con tante nubi come tutti i settori dell’economia: «La gente, una volta terminata l’emergenza, avrà voglia di rivivere la montagna e posso dare una grande rassicurazione: i rifugisti sono professionisti seri che ben conosco e sapranno adottare le norme di sicurezza per garantire di vivere la montagna anche in epoca di coronavirus».

I rifugi di Lombardia si uniscono al Coordinamento nazionale rifugi e S.A.T, dopo la presa di posizione di Antonio Montani, vicepresidente del Cai e responsabile dei rifugi, espressa sabato sul quotidiano La Repubblica, una lunga disamina sull’impossibilità di frequentare le destinazioni in alta quota, sulla condivisione quale limite delle strutture d’appoggio per gli escursionisti montani e sulla conseguente, inevitabile, problematicità di camere comuni e tavolate di gruppo.

La riflessione è stata introdotta ventilando l’ipotesi di un’estate mai vista, con rifugi chiusi e un successivo invito a riflettere su quel “modello di tempo libero che in molti casi si era spinto oltre il limite” e “l’occasione per un recupero di essenzialità e semplicità”.

Dubbi che hanno sollevato la reazione: «Insieme a tanti attori del turismo, anche noi viviamo un momento di paura nei confronti di un futuro incerto, sia nell’immediato dell’estate alle porte, sia nel più lungo termine- afferma il presidente dell’associazione Rifugi di Lombardia, Gino Baccanelli-. Siamo ancora in attesa di intravedere i contorni di questa incertezza, capire quali saranno i limiti imprescindibili – sia reali, in termini di distanza fisica, sia conseguentemente di organizzazione delle nostre attività. Ad oggi non ci sono disposizioni precise e possiamo solo immaginare ipotetiche soluzioni da mettere in campo per evitare che il nostro settore sprofondi, portando con sé le singole realtà di ogni rifugio e lo sforzo che nel tempo abbiamo messo per diffondere e mantenere viva la cultura della montagna di Lombardia».

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