Cantò la tradizione, addio a Bertolina

Lutto nella cultura. Autore di molti libri, fondamentali i suoi studi etnografici e linguistici sull’Alta Valle. «Un museo senza mura sulla cultura della sua gente»: così l’aveva definito il vecchio amico don Bracchi.

Nell’annuncio di morte la lunetta dell’abside della Santissima Trinità di Teregua. Sono i luoghi cari della Valfurva ad accompagnare anche nel suo ultimo viaggio Elio Bertolina, spentosi mercoledì all’età di 84 anni.

A sei mesi dalla scomparsa di don Remo Bracchi, la cultura dell’Alta Valle resta di nuovo orfana di uno dei suoi riferimenti più autorevoli. Il contributo di Elio Bertolina alla ricerca etnografica e linguistica locale è stato infatti pionieristico, illuminante e fondamentale. Per questo oggi saranno in tanti anche dalla nostra terra a piangerlo durante i funerali che si celebreranno nella parrocchia di Santa Francesca Romana a Milano, città che da decenni era divenuta per motivi di studio e di lavoro la sua patria adottiva. La lontananza fisica aveva alimentato in lui un amore ancora più intenso per la sua terra d’origine, la Valfurva, e una sorta di nostalgia per quel passato contadino che aveva avuto modo di conoscere quando faceva il pastorello o stava in baita con i nonni.

È a quel mondo di fatiche, povero ma autentico, alle sue tradizioni secolari, al dialetto - minacciati dalll’omologazione imperante - ma anche al dramma dell’emigrazione che colpì il Bormiese tra fine Ottocento e inizio Novecento e ad altre pagine significative della storia locale che Elio Bertolina ha dedicato i suoi studi più importanti.

“L’Inventario dei toponimi della Valfurva”, realizzato in collaborazione con il maestro Mario Testorelli, “L’incendio di Teregua del 1899”, “Il giro della stella”, “Soprannomi di famiglia e di persona”, “Le stagioni cantate”, “Le opere e i giorni”, “Par rìar e par dabón”, “La Val di Ciurcégl”, “A guardàr indrè”, la raccolta di lettere “Meglio tardi che mai” sino alle ultime fatiche, scritte a quattro mani con l’inseparabile moglie Maria Pia, “La mia ént, la nòsa ént” e “Lettere dall’Argentina” sono alcuni dei titoli che resteranno un punto di riferimento prezioso per la ricerca. Al fervido entusiasmo di Bertolina, che l’amico don Remo aveva definito “un museo senza mura di tutto ciò che non doveva perdersi dalla cultura spirituale e materiale della sua gente”, è legata anche la sorprendente campagna Fai del 2004, quando seppe raccogliere l’appoggio di oltre tremila persone facendo segnalare la chiesetta della SS. Trinità di Teregua come luogo del cuore.

L’iniziativa permise di raccogliere i fondi necessari per dar corso al restauro del ciclo d’affreschi di Vincenzo De Barberis, che rischiavano di andare perduti. Come riconoscimento per il suo attivissimo ruolo nello studio e nella valorizzazione del patrimonio culturale della montagna locale, nel maggio 2018 Elio Bertolina aveva ricevuto dall’Associazione Culturale Valtellinesi a Milano il prestigioso riconoscimento “Lavegin d’or”. Con riconoscenza e affetto lo ricordano oggi, stringendosi attorno alla sua famiglia, i tanti amici dell’alta valle, il Centro Studi Storici Alta Valtellina, la Società Storica Valtellina e Valchiavenna e il Cai, a cui Bertolina era legato sin dagli anni giovanili e in cui aveva ricoperto un ruolo di consigliere nel Comitato Scientifico presieduto dal professor Nangeroni.

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