Peli di Bossetti sul corpo di Yara?
Nuova battaglia tra gli esperti

Dopo che l i legali puntano a spiegare la presenza del Dna sugli indumenti della vittima, spunta un’altra pista investigativa scientifica

L’omicidio di Yara Gambirasio si arricchisce di un ulteriore giallo. Quello sulla consulenza che la Procura, oltre un anno fa, ha commissionato agli esperti di medicina legale dell’Università di Pavia e che dovrebbe essere depositata a breve. Per un consulente, intervistato da una trasmissione televisiva, il Dna trovato nei peli sul cadavere sarebbe quello di Ignoto 1, poi rivelatosi Massimo Bossetti, il muratore bergamasco in carcere, e «l’aver trovato tracce di materiale biologico addosso agli indumenti di Yara - avrebbe detto il professor Fabio Buzzi in una sintesi della intervista resa a Segreti e Delitti -, oltre che formazioni pilifere apposte sugli indumenti, è chiaro che dà una forza evidentemente, intuitivamente maggiore a questi due riscontri».

Ma agli inquirenti bergamaschi non risulta una comparazione già effettuata tra i peli e il Dna di Bossetti.

Si trattava di peli o di capelli? «Noi non facciamo delle distinzioni», ha risposto, spiegando che la circostanza “rafforza l’altra indagine condotta collateralmente sulle cosiddette macchie, sul materiale biologico invece apposto, assorbito dagli indumenti».

Quello dei peli sul corpo è un altro dilemma da affrontare per la difesa che sta lavorando sui documenti per sciogliere la riserva se presentare il ricorso al Tribunale della Libertà di Brescia per chiedere la sua scarcerazione. Tutto questo mentre la famiglia del muratore continua a difenderlo, in particolare la moglie, Marita Comi, la quale racconta che quella sera Bossetti era con lei e continua a descriverlo come un uomo normale. Non era a conoscenza del fatto che il marito telefonò alla madre proprio da Chignolo d’Isola il 26 febbraio del 2011, giorno del ritrovamento del corpo di Yara. E ha raccontato ai carabinieri che Bossetti la portò, una volta, nel campo in cui Yara fu ritrovata, ma solo tempo dopo che era stata scoperta la tragedia. «Volevamo vedere il luogo. Inizialmente non trovammo la strada, ma alla fine ci siamo arrivati. Che io sappia mio marito non c’è mai andato».

Intanto, sempre “Segreti e delitti” ha mostrato un “fotogramma inedito”, ora in possesso degli inquirenti, di un furgone pick up che potrebbe essere quello di Bossetti. Sono le 18.12 del 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara e la telecamera di sorveglianza di una banca nei pressi della palestra di Brembate di Sopra, dove la ginnasta si allenava, registra il passaggio di un furgone simile a quello del muratore mentre percorre via Rampinelli per poi voltare a destra.

Si profila una battaglia tra consulenti di accusa, difesa e parte offesa nella complicata inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio. I difensori di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di 44 anni, padre di tre figli, in carcere dallo scorso 15 giugno, hanno infatti nominato i propri consulenti per cercare di smontare le accuse della Procura di Bergamo secondo la quale Bossetti è certamente l’assassino di Yara, soprattutto per la presenza del suo Dna sul corpo della ragazza trovato tre mesi dopo la scomparsa.

Tra gli esperti nominati dagli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni anche un genetista che dovrà cercare una spiegazione alternativa per la presenza di tracce organiche del muratore sugli slip e sui leggins della ragazza e che non potrà che tentare di dimostrare come questo Dna sia stato «portato” sulla scena del delitto mentre Bossetti, a suo dire, si trovava a casa quel 26 novembre del 2010. Forse da qualcuno che potrebbe aver usato i suo strumenti di lavoro da muratore, come quella lama con cui l’assassino ha cercato di tagliare gli indumenti della tredicenne.

Bossetti oggi ha incontrato per la prima volta la moglie, Marita Comi. Avrebbe come prima cosa chiesto notizie dei suoi tre figli, in un colloquio durato un’ora e mezza. Un colloquio per il quale sono state usate particolari cautele dalla direzione del carcere.

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