Berbenno, il ritorno del vescovo
Festa per monsignor Giorgio Barbetta

Il messaggio di monsignor Barbetta: «Rientro in Perù, è il momento di sporcarsi di nuovo» Papa Francesco ha detto che i preti devono avere l’odore delle pecore e io non vedo l’ora di aiutare i poveri»

“Solo Dios es bueno”. È questo il motto che monsignor Giorgio Barbetta, 49enne originario di Berbenno, dallo scorso febbraio vescovo ausiliare della diocesi di Huarí in Perù, ha scelto di inserire nel suo stemma episcopale.

Il motto

Un motto, tra l’altro, che richiama molto l’Organizzazione Mato Grosso, alla quale padre Giorgio – come ancora affettuosamente lo chiamano i suoi compaesani – appartiene, e pure il fondatore del movimento, padre Ugo De Censi, anch’egli berbennese, di cui il prossimo 2 dicembre ricorreranno due anni dalla scomparsa.

Proprio ieri mattina, per la prima volta dopo l’ordinazione vescovile, monsignor Barbetta ha celebrato l’Eucarestia nella chiesa parrocchiale del suo paese natio, la stessa della “prima Messa” celebrata esattamente 22 anni fa. Questa felice coincidenza ha reso ancor più speciale il giorno di festa, inizialmente previsto per il 3 maggio e che, per via del coronavirus, è stato necessario procrastinare di quasi cinque mesi. La processione è partita dal monumento dei caduti di Berbenno, dove il sindaco Valerio Fumasoni ha portato i saluti dell’amministrazione, fino alla chiesa gremita, al pari del sagrato, di parrocchiani giunti per salutare l’illustre compaesano. «Siamo qui per ringraziare Dio nel celebrare l’Eucarestia con te, successore degli apostoli, e con noi, cristiani nel mondo chiamati a testimoniare quello che tu hai scelto come motto episcopale». Con queste parole il parroco don Feliciano Rizzella ha introdotto la celebrazione eucaristica che ha visto la presenza di numerosi altri sacerdoti, tra cui don Gianluca Dei Cas, già vicario di Berbenno, nominato domenica scorsa parroco di Livigno e Trepalle, e padre Lorenzo Salinetti, missionario del Mato Grosso, anch’egli di Berbenno, a testimonianza di come, in questa zona, sia radicata la presenza dell’organizzazione di volontariato.

Nell’omelia il vescovo Giorgio ha ripercorso brevemente la storia della sua vocazione. «Nel vangelo – ha detto – abbiamo ascoltato la storia di un padre: mi sembra di rivivere quando, all’età di 15 anni, tornò padre Ugo dalla missione e fece una messa qui. Era un prete un po’ strano, che parlava della sua gente e dei poveri, e in quel momento ho pensato che mi sarebbe piaciuto averlo come padre». E, ha aggiunto, «crescendo ho visto in lui la ricerca di Dio Padre che, a poco a poco, s’è fatta anche mia».

L’inno “Carità per sempre”

Sempre nel vangelo si parla anche della vigna, «dove, grazie al Mato Grosso, ho iniziato a lavorare duramente: qui ti sporchi, ti sudi, è inevitabile. In questi anni ho sperimentato che cosa vuol dire il papa quando dice che i preti devono avere l’odore delle pecore: adesso sono vestito bene, ma voglio tornare presto tra la gente del Perù a sudare perché per lavorare nella vigna del Signore è necessario sporcarsi».

Al termine dell’omelia lo stesso vescovo Giorgio ha cantato “Carità per sempre”, «un canto – ha aggiunto – scritto da don Ugo De Censi e musicato in occasione della mia ordinazione sacerdotale».

Una breve rappresentazione teatrale, inscenata dai ragazzi, ha concluso invece la celebrazione, insieme alla canzone “Che sarà” dei Ricchi e Poveri che ha accompagnato la proiezione di alcuni scatti del ministero missionario del novello vescovo.

Filippo Tommaso Ceriani

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